Mancano pochi giorni all’anniversario del 4 novembre. Il corso del fiume Piave segnava la 'divisione' fra i territori occupati dall'invasore austriaco e quelli in mano agli italiani, nei quali venne organizzata la grande controffensiva che, denominata "Battaglia del Piave"(con ciò si intende quel complesso di azioni di contenimento e di difesa prima e di contrattacco poi, che si susseguirono dal novembre 1917 all'estate 1918), culminò nella battaglia finale di Vittorio Veneto. Chi non ha mai sentito, almeno una volta, “La Canzone del Piave”? “Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio….”: è sicuramente una delle più celebri canzoni patriottiche . La Canzone del Piave contribuì anch’essa alla vittoria finale perché sortì un formidabile effetto sul morale delle truppe italiane e della popolazione civile. Con il suo tono gagliardo ed entusiasta (una volta Bossi affermò con sincerità che assomigliava alla Marsigliese e che la preferiva all’Inno di Mameli) , essa contribuì a risollevare la speranza in un esito positivo del conflitto. Questi versi, furono l’inno nazionale non ufficiale della Repubblica Italiana. Vorrei citare un interessante articolo pubblicato sul quotidiano Il Piave, in data venerdì, 8 Dicembre 2006. “…Giovanni Gaeta (Napoli 5 maggio 1884 –24 giugno 1961) in arte E.A. Mario è l’autore di questo inno (La Leggenda del Piave). Egli, nel 1946, fu invitato a Roma dal presidente del consiglio Alcide De Gasperi. Lo statista sondò la possibilità che Gaeta componesse un nuovo inno che implicitamente avrebbe dovuto essere l’inno della Democrazia Cristiana. Come viene detto nel libro “IL CERCHIO di Franz Maria D'Asaro” De Gasperi aggiunse che sarebbe stato felice di poter raccomandare “la Leggenda del Piave” come inno ufficiale della Repubblica d’Italia al posto dell’inno di Mameli che come è noto fu “momentaneamente” scelto il 12 ottobre 1946 come inno provvisorio d’Italia in attesa della conferma di quello definitivo. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 l’inno del Piave fu a furor di popolo usato come inno nazionale al posto della precedente Marcia reale, l’inno d'Italia dal 1861, fino ad appunto il 12 ottobre 1946.
G. Gaeta sospettoso e dal sensibile intuito, ebbe il presentimento che fra le parole del cordiale discorso di De Gasperi si celasse la sostanza di uno scambio di favori, un accordo non sentito, quindi si dispiacque rivolgendosi allo statista con queste parole "Eccellenza, io sono molto onorato di sentirmi prescelto con tanta fiducia per un così prestigioso incarico e sarei ben lieto, anzi felicissimo di aderire al suo cortese invito,se non ci fosse un piccolo ma per me fondamentale particolare ad impedirmi di scrivere un inno su ordinazione Vede, eccellenza, io le canzoni le scrivo con il cuore. Non se ne fa niente".
G. Gaeta sospettoso e dal sensibile intuito, ebbe il presentimento che fra le parole del cordiale discorso di De Gasperi si celasse la sostanza di uno scambio di favori, un accordo non sentito, quindi si dispiacque rivolgendosi allo statista con queste parole "Eccellenza, io sono molto onorato di sentirmi prescelto con tanta fiducia per un così prestigioso incarico e sarei ben lieto, anzi felicissimo di aderire al suo cortese invito,se non ci fosse un piccolo ma per me fondamentale particolare ad impedirmi di scrivere un inno su ordinazione Vede, eccellenza, io le canzoni le scrivo con il cuore. Non se ne fa niente".
Incredibile, senza nulla togliere all’inno di Mameli, che solo il 17 novembre 2005, quindi addirittura quasi 60 anni dopo, il Senato abbia approvato il decreto legislativo che l’ha reso ufficiale, fissandone anche testo e musica. Da notare che pur amatissimo dagli italiani, anche nel 2005 fu difficile prendere la decisione definitiva, perché molti amavano di più “La leggenda del Piave” e molti altri ancora il “Va pensiero” del Nabucco di Giuseppe Verdi. Una contrapposizione tra differenti sensibilità si sarebbe detto allora. Oggi la contrapposizione sarebbe letta come una sorta di battaglia sul “federalismo musicale”. In tempi non sospetti, il presidente dell'Urpv (Unione Regionale delle Province Venete) e presidente della Provincia di Treviso, Leonardo Muraro, (comunicato stampa, Treviso 21 maggio 2010) provando a delineare alcuni scenari determinati dall'approvazione del Federalismo Demaniale, si riferì al fiume Piave chiamandolo “il primo vero fiume federalista.” Se Pontida sta alla Lombardia, il fiume Piave (verrebbe da dire) sta al Veneto. La globalizzazione amplia il senso di comunità, come difesa dall’omologazione dello Stato: le varie comunità di riferimento “ereditano” non ereditano solo il “federalismo fiscale” ma anche la consapevolezza, non astratta, della propria storia e dei propri valori. La “Leggenda del Piave”è un canto “federalista” (nonostante faccia riferimento a precisi eventi storici).
Dalla fine della seconda guerra mondiale sono passati “appena” 65 anni. un secolo trascorso e segnato da un'accelerazione vertiginosa di eventi, di mutamenti, greve di ideologie, di guerre. Quell’immane tragedia ,quell’insanabile tragedia ha separato il mondo di ieri dal mondo di oggi. Si è creata Tra i primi cinquant'anni del novecento e quelli successivi una frattura talmente violenta da far credere a lungo impossibile ogni speranza di ricomposizione, specialmente nel campo del costume e, quindi, della cultura, della letteratura e dell' arte. E anche nella musica. Certi canti ed inni formatisi tra fine dell'800 e gli inizi del '900, ci sembrano, talvolta, essere vissuti in uno spazio e in un tempo immani. Acquistano la dimensione della favola, della leggenda, tanto erano gli ideali estetici ed etici che ne guidavano la composizione. La “Leggenda del Piave” fu uno di quei brani
che entrò in punta di piedi in una stagione densa di eroismi romantici. Che uno o più consigli comunali del Basso Piave vogliano “discutere” sulla possibilità di intonare l’Inno di Mameli prima del consiglio stesso, può sembrare una frivola polemica in confronto dei problemi che le varie comunità del Veneto (e d’Italia) si trovano ad affrontare. Il Consigliere del PDL Lucas Pavanetto ha ragione su una questione (non da poco): come può un poeta del passato trovare spazio nell’epoca dei “valori insani”, del materialismo cinico, nell’arida fretta di una società di “mercato”? In questa richiesta “carica di piangente nostalgia” è fatale pensare al tramonto di un’umanità sorretta da ideali e valori. Ed e fatale che tale “tramonto” si accompagni all’oblio di canzoni che hanno rappresentato quell’epoca. . Tuttavia si assiste oggi ad una rivalutazione dei sentimenti e della tradizione di una certa tradizione romantica che vuole riacquistare il loro significato originale. E’ una cosa che mi conforta, perché questo movimento può contribuire al recupero di un'epoca dove la semplicità di vita accomunava giovani educati agli stessi principi di rispetto e di parsimonia - a qualsiasi classe sociale appartenessero. Mi chiedo sempre più spesso: perché non riuscire in qualche modo a “dare vita” a questo genere di canzoni ormai introvabile? Sarebbe bello e gratificante per tutti “risentirle” senza alterarne il significato originale: un messaggio ai posteri, quasi un ricordo affettuoso dei nostri padri (non il solito solenne omaggio). Un modo che possa consentire a tutti,sentendo quei canti, di sentirsi attratti e incuriositi, un modo che possa far scoprire orizzonti nascosti, velati dalla nebbia del tempo ed ora finalmente svelati. La “Leggenda del Piave” non ha mai parlato ne di conquiste ne di supremazia. Al contrario, La Leggenda del Piave dichiarava che gli italiani non erano adatti alla guerra di conquista: il Piave dava loro il luogo e l’occasione di “fare” una guerra in quanto aggrediti. Dopo la prima guerra mondiale il sentimento nazionale di questa canzone fu sequestrato dal fascismo (la “vittoria mutilata” fu una delle questioni che determinò la nascita del fascismo). Per questo motivo, credo, dovremmo restituire agli italiani, ma anche e soprattutto ai veneti, il senso di un sincero sentimento di appartenenza. A distanza di 95 anni questa canzone è sempre attuale. L’Italia, il Veneto non ha Stati nemici sulla carta, ma affronta quotidianamente problemi difficili, spesso insormontabili. La rissosità dei partiti non è stata sostituita dalla leale e dura lotta per la soluzione dei problemi. Le relazioni ufficiali tra partiti, istituzioni e cittadini sembrano diventare sempre più precarie. I cerimoniali di regione ed enti locali hanno,fino ad ora, rappresentato, spesso e volentieri comportamenti formali: una tutela della correttezza dell’immagine Istituzionale. Un’ attività di relazione e di rappresentanza va, però, assumendo un ruolo importante e i suoi campi di applicazione vanno sempre più ampliandosi. Fino a rappresentare valori turistici, storici e sociali del territorio. Non a caso, la provincia di Treviso ha realizzato specifici itinerari turistici. Secondo il cerimoniale ufficiale, le «regole scritte e non scritte» prevedono che normalmente dell'inno di Mameli sia eseguita solo la prima strofa senza l'introduzione strumentale. Dal 1970 inoltre ogni esecuzione dell'inno nazionale dovrebbe essere accompagnata da quella dell'inno europeo (l’Inno alla Gioia della Nona sinfonia di Beethoven). La proposta che vorrei farle è la seguente: potrebbe essere inserito, nel cerimoniale ufficiale della regione veneto anche l’esecuzione della “Leggenda del Piave”come inno del Veneto?
che entrò in punta di piedi in una stagione densa di eroismi romantici. Che uno o più consigli comunali del Basso Piave vogliano “discutere” sulla possibilità di intonare l’Inno di Mameli prima del consiglio stesso, può sembrare una frivola polemica in confronto dei problemi che le varie comunità del Veneto (e d’Italia) si trovano ad affrontare. Il Consigliere del PDL Lucas Pavanetto ha ragione su una questione (non da poco): come può un poeta del passato trovare spazio nell’epoca dei “valori insani”, del materialismo cinico, nell’arida fretta di una società di “mercato”? In questa richiesta “carica di piangente nostalgia” è fatale pensare al tramonto di un’umanità sorretta da ideali e valori. Ed e fatale che tale “tramonto” si accompagni all’oblio di canzoni che hanno rappresentato quell’epoca. . Tuttavia si assiste oggi ad una rivalutazione dei sentimenti e della tradizione di una certa tradizione romantica che vuole riacquistare il loro significato originale. E’ una cosa che mi conforta, perché questo movimento può contribuire al recupero di un'epoca dove la semplicità di vita accomunava giovani educati agli stessi principi di rispetto e di parsimonia - a qualsiasi classe sociale appartenessero. Mi chiedo sempre più spesso: perché non riuscire in qualche modo a “dare vita” a questo genere di canzoni ormai introvabile? Sarebbe bello e gratificante per tutti “risentirle” senza alterarne il significato originale: un messaggio ai posteri, quasi un ricordo affettuoso dei nostri padri (non il solito solenne omaggio). Un modo che possa consentire a tutti,sentendo quei canti, di sentirsi attratti e incuriositi, un modo che possa far scoprire orizzonti nascosti, velati dalla nebbia del tempo ed ora finalmente svelati. La “Leggenda del Piave” non ha mai parlato ne di conquiste ne di supremazia. Al contrario, La Leggenda del Piave dichiarava che gli italiani non erano adatti alla guerra di conquista: il Piave dava loro il luogo e l’occasione di “fare” una guerra in quanto aggrediti. Dopo la prima guerra mondiale il sentimento nazionale di questa canzone fu sequestrato dal fascismo (la “vittoria mutilata” fu una delle questioni che determinò la nascita del fascismo). Per questo motivo, credo, dovremmo restituire agli italiani, ma anche e soprattutto ai veneti, il senso di un sincero sentimento di appartenenza. A distanza di 95 anni questa canzone è sempre attuale. L’Italia, il Veneto non ha Stati nemici sulla carta, ma affronta quotidianamente problemi difficili, spesso insormontabili. La rissosità dei partiti non è stata sostituita dalla leale e dura lotta per la soluzione dei problemi. Le relazioni ufficiali tra partiti, istituzioni e cittadini sembrano diventare sempre più precarie. I cerimoniali di regione ed enti locali hanno,fino ad ora, rappresentato, spesso e volentieri comportamenti formali: una tutela della correttezza dell’immagine Istituzionale. Un’ attività di relazione e di rappresentanza va, però, assumendo un ruolo importante e i suoi campi di applicazione vanno sempre più ampliandosi. Fino a rappresentare valori turistici, storici e sociali del territorio. Non a caso, la provincia di Treviso ha realizzato specifici itinerari turistici. Secondo il cerimoniale ufficiale, le «regole scritte e non scritte» prevedono che normalmente dell'inno di Mameli sia eseguita solo la prima strofa senza l'introduzione strumentale. Dal 1970 inoltre ogni esecuzione dell'inno nazionale dovrebbe essere accompagnata da quella dell'inno europeo (l’Inno alla Gioia della Nona sinfonia di Beethoven). La proposta che vorrei farle è la seguente: potrebbe essere inserito, nel cerimoniale ufficiale della regione veneto anche l’esecuzione della “Leggenda del Piave”come inno del Veneto?
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