L’Enciclica “Caritas in veritate” non è solo un documento che si limita a denunciare le cose che non vanno, ad indicare cioè i mali e i disagi di questa fase storica, ma, al contrario, individua le cause specifiche e suggerisce le linee di intervento su cui muoversi per risolvere i problemi stessi. In questo senso è un’Enciclica propositiva: contrariamente a chi la vuole intendere in modo di verso, questa Enciclica non è “di denuncia” e neppure un’Enciclica che fa riferimento ad opzioni di natura morale. Si può dire, invece che intervenga nel campo specifico dell’economia. La seconda grossa novità del documento è il linguaggio e le categorie di pensiero. Per chi la voglia leggere attentamente, senza paraocchi, si può cogliere anche una prospettiva al discorso economico-sociale:
il Papa compie un’operazione importante che non potrà avere delle conseguenze nel prossimo futuro. C’è , infatti, una presa di posizione, su importanti questioni economiche. L’intenzione esplicita del Papa è quella di svolgere una riflessione sulla cosiddetta “economia di mercato” alla luce dei principi della dottrina sociale della Chiesa, “più antichi della chiesa stessa”. E non è il solito discorso dal quale trarre la solita considerazione (frutto di confusione) per la quale un ad politico dichiaratamente cattolico (che dovrebbe quindi ispirarsi alla dottrina sociale della Chiesa) si impongono come unici valori legittimi quelli economico-materiali. Gli “ideali” possono attendere, ma non la realtà. Le necessità più impellenti sono di natura economica. Il problema sull’unico valore legittimo (quello economico-materiale) scomparirebbe alla luce di considerazioni storiche: l’economia di mercato nasce prima del capitalismo, e nasce esattamente per il bene comune. E l’idea del bene comune è uno dei principi della dottrina sociale della Chiesa che esiste da sempre. È evidente che se passa l’interpretazione per la quale l’economia di mercato si identifica con il capitalismo, ovvero quello che gli imprenditori avrebbero inventato, allora è ovvio che ci sia una “levata di scudi”, una presa di posizione (anche politica) nella quale la Chiesa diventa (come effettivamente è) universale: non si deve quindi legare all’economia di mercato, in quanto cosa “diversa”. Il problema è un altro: riguarda il modo con cui si organizza l’economia di mercato - e la Chiesa lo ha sempre chiarito - deve tener conto delle matrici economiche, culturali e delle tradizioni del proprio Paese .Un cattolico sa perfettamente che la funzione propria dell’economia è garantire il bene comune. Qualche altro cattolico “secolarizzato” pensa al mercato come ad un mercato esclusivamente “capitalista”. Ma non è vero che ci debba essere solo un mercato di questo tipo”. Di qui il bisogno di coniugare la carità con la verità non solo nella direzione, segnata da san Paolo, della « veritas in caritate »(Ef 4,15) : la carità va compresa, avvalorata e praticata nella luce della verità. Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo. L'amore diventa un guscio vuoto, da riempire arbitrariamente. È il fatale rischio dell'amore in una cultura senza verità. La verità libera la carità dalle strettoie dell’arbitrio delle emozioni. Un Cristianesimo di carità senza verità può venire facilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza sociale, ma marginali. Senza la verità, la carità viene relegata in un ambito ristretto e privato di relazioni. È esclusa dai progetti e dai processi di costruzione di uno sviluppo umano di portata universale, nel dialogo tra i saperi e le operatività.La verità “tocca” inevitabilmente la giustizia. Ubi societas, ibi ius: ogni società elabora un proprio sistema di giustizia. La carità va sempre oltre la giustizia perché è manifestamente il suo scopo, il suo obiettivo (amare è donare, offrire del “mio” all'altro). La carità non è mai senza la giustizia: non posso « donare » all'altro del mio, senza avergli dato in primo luogo ciò che gli compete secondo giustizia. Chi ama con carità gli altri è anzitutto giusto verso di loro. Non solo la giustizia non è estranea alla carità, non solo non è una via alternativa o parallela alla carità: la giustizia è « inseparabile dalla carità » intrinseca ad essa. La giustizia è la prima via della carità. In una parola, Caritas in veritate non è una provocazione nei confronti della società. Al contrario. Ripropone elementi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa dinanzi alle nuove “provocazioni” del mondo contemporaneo; si presenta come una proposta valida e perseguibile . L'enciclica Caritas in veritate è quindi straordinaria per innovazione e progresso nel dibattito economico. Supera il dilemma tra mercato e Stato, cancella le ideologie contrarie allo sviluppo (comunismo ed ecologismo) , ristabilisce la centralità della persona e della famiglia nel progresso delle nazioni . La Caritas in veritate, cancella tutte le ideologie anti-sviluppo, spiegando in dettaglio che l'avanzamento umano e integrale è vocazione ed è parte del disegno di Dio. Lo sviluppo che inquina, la necessità della decrescita, è solo retorica. Il secondo punto dell'enciclica sta nella spiegazione che le politiche anti-vita e le ideologie relativistiche che l'hanno accompagnate sono le cause principale della crisi. Politiche e ideologie che hanno prodotto un disastro sociale misurabile in almeno un miliardo di giovani in meno (le Nazioni Unite calcolano che avvengono almeno 45 milioni di aborti legali ogni anno negli ultimi 25 anni). Questo significa una riduzione radicale di tutti i progetti di sviluppo ed aumento conseguente dei costi, soprattutto per quanto riguarda le tasse, il sistema sanitario, del welfare e pensionistico. L'idea di supplire all'inverno demografico incrementando l'immigrazione (decisivo il passaggio nel quale l’enciclica supera il concetto buonista della generica solidarietà: troppo limitativo perché non impegna integralmente la comunità umana e la Chiesa nel prendersi cura dell'altro. ) sta penalizzando i paesi in via di sviluppo e creando notevoli problemi di integrazione. L'enciclica ribadisce in maniera forte e chiara che non ci può essere sviluppo economico e sociale senza crescita demografica e sostegno alla famiglia naturale. In particolare, si spiega che tutto l'approccio allo sviluppo deve ripartire da un concezione antropologica che metta la persona e la famiglia al centro di ogni priorità. Un altro punto su cui l'enciclica è innovativa riguarda la questione ambientale. Nessun documento del magistero aveva mai denunciato in maniera così esplicita l'ideologia verde che ha tentato di cancellare il Creatore e di ridurre l'umanità ad un valore inferiore a quello di flora e fauna. Le parole utilizzate dalla Caritas in veritate sono chiarissime nel respingere l'ambientalismo e nel promuovere l'ecologia umana. Stupisce oltremodo vedere che, nonostante i continui appelli al voto cattolico, nel dibattito programmatico del Partito Democratico, nessuno - ma proprio nessuno - abbia fatto riferimento all'enciclica sociale di Papa Benedetto XVI. Mi auguro che l’On. Matteo Colaninno (ospite della tavola rotonda) apra un dibattito anche nel centro-sinistra.
Walter Luvisotto
Coordinatore
ALLEANZA DI CENTRO
Jesolo-Cavallino Treporti
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