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lunedì 21 marzo 2011

TASSA DI SOGGIORNO: Importante conoscere le prospettive di riduzione delle imposte dirette.

"Amorino De Zotti, con il Presidente AJA ed il cons. Serafin (Lega) ritengono un grave errore partire, anche tra un anno, con la tassa di soggiorno e annuncia un consiglio comunale in merito. Convocare un consiglio comunale su un questione così importante significa fornire l'indicazione di una prospettiva concreta in termini di gestione delle nuove tasse comunali approvate con il decreto sul federalismo. Uscire dalla protesta generica significa, soprattutto per l'AJA, capire se il governo nazionale persegua una sua propria strategia in materia di fisco. Nei successivi decreti del governo potrebbero essere previsti una riduzione consistente della imposte dirette e progressiva, IRAP ed IRPEF, compensate da un aumento sul valore aggiunto. Spostare di miliardi l'equilibrio tra tassazione diretta ed indiretta significa però chiedere ai consumatori di sacrificarsi per promuovere la crescita produttiva , accettare un tasso di inflazione crescente, scommettendo su incrementi di salari legati agli aumenti di produttività detassati che potranno far crescere i profitti. Significa, in sostanza, "spostare"la tassazione sui consumi a fronte di stipendi più congrui. In questo senso, la tassa di soggiorno non sarebbe più un odioso "orpello"  ma una tassa sul "consumo" (presenze) turistico".

LA TASSA DI SOGGIORNO? UNO PSICODRAMMA CHE NON C’ENTRA NULLA CON IL FEDERALISMO FISCALE.

L’imposta di soggiorno come fonte di tensione istituzionale? A me pare che ci troviamo di fronte ad un vero psicodramma. L’imposta di soggiorno, agitata nell’ambito del più ampio scontro sul decreto riguardante il federalismo municipale ha rischiato di mettere fine alla legislatura (la Lega aveva annunciato che nel caso in cui il decreto sul federalismo municipale fosse stato bocciato dalla Commissione bicamerale, le elezioni sarebbero state inevitabili. In assenza di un parere da parte della bicamerale, si è fatto ricorso a una procedura di dubbia legittimità: il Consiglio dei ministri ha approvato “in via definitiva” il decreto legislativo, non nella versione originaria – come certamente gli sarebbe consentito – ma in quella formulata nel parere respinto. La responsabilità di dirimere la questione è ora nelle mani del Quirinale che deve emanare il decreto). Ma quanto “vale” lo scontro in atto? La riforma, nella sua versione finale, è stata valutata positivamente dall’ANCI (così come quella sul fisco regionale è stata approvata dalla Conferenza delle Regioni). Comuni e Regioni sono stati chiamati a pronunciarsi sotto il ricatto dei pesanti tagli delle risorse che hanno subito, da ultimo, nella manovra d’estate. Il criterio che ha guidato Comuni e Regioni è stato quello di portare subito a casa qualche soldo per chiudere i bilanci. E con il fiato corto, si sa, le questioni più strutturali di disegno della riforma passano in secondo piano. La questione dell’imposta di soggiorno sottende appunto al psicodramma in atto: Comuni con il fiato corto che chiedono un provvedimento che gli permetta di ottenere qualche soldo in più per gestire i propri bilanci. Ma, quello che interessa alla gente e alle imprese (e che suscita angosciosi interrogativi) è effettivamente l’applicazione della tassa di soggiorno? Non credo. L’angoscioso ed irrisolto interrogativo è un altro: con la definitiva approvazione del decreto riguardante il federalismo fiscale, le imposte aumenteranno? Una domanda che ha però ben poco a che vedere con la realizzazione del federalismo. Questa sorta di ossessione per una sorta di vincolo di invarianza della pressione fiscale rischia di snaturare il concetto di federalismo, che ha come suo principale obiettivo quello di rendere responsabili i sindaci davanti ai propri cittadini, ponendo questi ultimi nella posizione di giudicare se vi è corrispondenza fra le imposte che pagano e la qualità e quantità dei servizi che ricevono. Per tale motivo molti giudicano il provvedimento, ora nelle mani del Quirinale,assai modesto. Si ha l’impressione che più si va avanti nella formulazione (di effettiva applicazione si parlerà tra qualche anno) dello sbandierato federalismo fiscale, più si rivela per quello che altro non poteva essere: un riassetto, monco, dell’attuale sistema di decentramento fiscale. Manca il pezzo più importante: una regolamentazione adeguata del sistema perequativo dei comuni. Ovvero del meccanismo di compensazione che permette di compensare le differenze tra aree “ricche” ed aree “povere” del Paese.

Bidoni per la differenziata, partita l'indagine: una verifica a campione del contenuto dei cassonetti in strada. Scetticismo.

Se la stazione di compostaggio e/o di travaso sembra creare nuove polemiche perché realizzata in un area agricola abitata. Genera infatti grande sconcerto pensare alla portata definitiva che il nuovo impianto porterà con se.  Se, come sembra, per il futuro rimarrà solo la discarica di Jesolo (con adeguamenti ed ampliamenti), per San Donà di Piave infatti non è più previsto un ampliamento e funzionerà fino ad esaurimento volumetrie. Jesolo sarà pertanto uno tra i tanti comuni della Provincia che si servirà della stazione di compostaggio. Presumibilmente quindi aumenterà il traffico veicolare di mezzi di grossa portata che quotidianamente dovranno trasportare i rifiuti di altre realtà in stazione, il tutto a forte discapito e declassamento del territorio limitrofo. Credo che molti cittadini , al di là dei residenti della zona dove sorgerà l’impianto,si interroghino che vantaggio trae dal fatto di aver ubicato tale struttura all’interno del proprio comune. Considerata anche la forte valenza turistica del territorio, non sarebbe stato più logico e lungimirante partecipare al progetto ma adoperarsi al fine di ubicare un simile impianto fuori dal comune jesolanoe? Pare proprio, invece, che l’amministrazione comunale si sia fortemente interessata al progetto, nonostante la cosiddetta filiera della raccolta differenziata sia ancora ben lontana dall’essere realizzata!!La stazione di compostaggio può essere un utile strumento per comprendere la necessità della raccolta differenziata dei rifiuti, a patto però che il porta a porta funzioni e consegua gli obiettivi, peraltro riportati al punto  Così come l’ampliamento della discarica invece si contraddice con il punto del programma della coalizione (5.7.2 Il porta a porta”). Si legge, infatti: “Sarà gradualmente esteso il sistema di raccolta - già avviato in alcune zone della Città - dei rifiuti solidi urbani secondo la modalità del “porta a porta” su tutto il territorio comunale compatibile con tale sistema, al fine di conseguire i seguenti obiettivi:a) Incrementare la percentuale di raccolta differenziata;b) Ridurre le quantità di rifiuto destinato a discarica con conseguenti benefici sulla misura della tariffa di igiene ambientale… Credo che molti cittadini , anche se desiderebbero fare la raccolta differenziata, purtroppo non la fanno. E’ infatti un vero rompicapo dividere i rifiuti. Volendo fare una differenziazione oculata di questi ultimi, occorrerebbe un numero elevato di pattumiere con evidenti problemi di spazio. Innanzitutto ogni comune dovrebbe fornire un elenco di tutte le cose che vanno per ogni bidone:  quello che non va nei sacchetti specifici lo metti nel cosiddetto "secco", cioè il vecchio normalissimo sacchetto "generico" della spazzatura. Faccio un altro esempio: i piatti di plastica, gli assorbenti igienici, le posate di plastica, vanno messe nel contenitore dei non differenziabili: cassonetto verde. Perché? la legge italiana prevede il riciclo dei soli imballaggi, cioè di tutto ciò che riveste, conserva il bene. Anche se la plastica del piattino rassomiglia moltissimo a quella della carta di caramelle non la si ricicla perchè non è imballaggio. I produttori della plastica del piattino non pagano la loro plastica perchè venga riciclata....per le aziende del riciclo sarebbe un lavoro gratuito senza retribuzione. Mai mischiare le plastiche poiché ,l'intero contenuto sarà gettato dalle aziende di riciclo nello sporco non differenziato. Nell'umido ci va tutto ciò di organico e solamente carta bianca (tovaglioli); poi abbiamo il contenitore per vetro e alluminio, quello della plastica (che come non deve contenere piatti di plastica e bicchieri), quello del cartone e infine quello del secco, dove va tutto ciò che non può essere gettato negli altri contenitori (piatti e bicchieri di plastica, assorbenti igienici ecc.). Per questo motivo, anche il Comune dovrebbe fornire un elenco di tutte le cose che vanno per ogni bidone. Contro ogni evidenza, questo mi pare sia stato disatteso  nonostante il programma di maggioranza (punti 5.7.3 Formazione e educazione- 5.7.4 Comunicazione, informazione e sensibilizzazione) preveda (riporto fedelmente il testo) che: “Alisea si dovrà impegnare altresì ad individuare le iniziative necessarie (con reperimento dei relativi mezzi finanziari) per la costante formazione dei cittadini “più piccoli” (presso asili, scuole) affinché siano correttamente appresi comportamenti finalizzati al rispetto dell’ambiente e al recupero virtuoso del rifiuto:“Da rifiuto a risorsa”. Ancora: “Saranno individuate le iniziative necessarie per la realizzazione di campagne informative con cadenza regolare presso le utenze private, le utenze commerciali, artigianali, industriali per la corretta differenziazione dei materiali di scarto e dei rifiuti al fine di consentire concretamente la realizzazione del ciclo virtuoso di recupero e riutilizzo degli stessi”. Per quanto riguarda le attività alberghiere,commerciali e di somministrazione si è sempre voluto rimarcare il problema della gestione della raccolta differenziata. Basterebbe, a mio avviso, inserire tra i requisiti necessari per l’apertura di un’attività, una autocertificazione che dichiari il rispetto di una serie di requisiti (oltre a quelli morali, professionali, igienico-sanitari ecc.) , tra cui quello importante della raccolta differenziata per carta, plastica e vetro: ovvero l’adozione degli strumenti e delle pratiche necessari per una corretta effettuazione della raccolta differenziata che diventa un obbligo, sia per le nuove attività che per gli esercizi già funzionanti ma sottoposti a interventi strutturali.

CARNEVALE JESOLANO: un evento "comunicato" male.

I dettagli, a volte sono importanti, se non determinanti. Date un occhiata alla pagina twitter collegata al sito www.jesolo.it (anche qui viene riportato sotto la voce "ieri" , 13.03.2011, "La sfilata dei carri e'posticipata al 27/03 causa maltempo")

Il CARNEVALE JESOLANO, una delle più interessanti manifestazioni jesolane, subisce un nuovo affronto, attraverso un provvedimento che ne nega la sua prevista effettuazione per domenica 13 Febbraio: causa maltempo. Comunicazione TARDIVA (come è evidenziabile nel dettaglio), tanto più aggravata da un certo numero di pendolari che si sono "spostati" , nonostante il maltempo, sul litorale. Ma si può attendere l'ultimo minuto per dare comunicazione di posticipo di una manifestazione particolarmente attesa dal pubblico?  Tutti temono tutto, tutti delegano il delegabile alle condizioni atmosferiche. Il 27 saremo in pieno periodo di Quaresima: e la “la patata bollente” sarà ancora lì,i attesa del "riscontro meteo". Jesolo sarà anche una capitale europea del Turismo: peccato che per arrivare a "vivere" di turismo vi sia bisogno di un salto di mentalità.Se le autorità competenti non riescono a coordinare, neppure sotto l'aspetto comunicativo (posticipo) un evento interessante come il Carnevale jesolano,nessuno sarà neppure più autorizzato a criticare le realtà virtuali di eventi più importanti come Miss Italia nel Mondo. La nuova data, tempo permettendo, dovrebbe essere reale, con buona pace, si spera, dei potenziali incassi che le stesse attività potranno registrare. Basta essere sicuri che la i pendolari del giorno 13 (domenica) con l'aspettativa dei "carri" non decidano di rimanere a casa.

Autorizzazioni Insegne: ma dov'è la semplificazione?

"Per il Regolamento Comunale sulle Imposte pubblicitarie chiunque installa o colloca un insegna, anche nel proprio spazio privato di attività, oltre a pagare la tassa relativa, deve presentare domanda di autorizzazione, rinnovabile ogni tre anni. Basta esaminare il modulo in allegato, per comprendere quanto tutto questo, in un epoca di forte richiesta di semplificazione amministrativa, "pesa" sulle attività. Il modulo per l'autorizzazione fa sorgere agli imprenditori domande che non sono mica senza senso:  a) le domande esaminate giungeranno ad autorizzazione o riceveranno motivato diniego entro un determinato periodo di tempo?;b) l’'Ufficio Cartellonistica presso il Comando di Polizia locale (che ha il compito di esaminarle), riuscirà ad visionarle non solo secondo uno stretto ordine cronologico di presentazione al protocollo del comune, ma anche assecondando tutte quelle attività che potrebbero vedersi negare l’autorizzazione nel periodo stagionale? L’ufficio competente, secondo proprie regole, potrebbe, infatti, richiedere alle attività un ulteriore richiesta di integrazione o modifiche alla soluzione progettuale in essere presentata con la domanda; c) la domanda, da compilarsi sull'apposito modulo in allegato, dovrà essere, per forza, corredata da progetto con relativa descrizione tecnica, come se questa fosse un opera di natura edilizia'? Dovremmo presentare un bozzetto del messaggio pubblicitario esposto? Dovremmo presentare una documentazione fotografica che illustri il punto di collocazione? d) A quando la scadenza di presentazione delle domande di autorizzazione?Tutto questo realizza una sommatoria devastante per un impresa: costi impropri e perdita di tempo per "inseguire" la pratica.
In questo momento di epocale crisi economica è più che mai indispensabile  porre attenzione alle necessità del mondo produttivo che vorrebbe poter operare con la massima celerità, senza subire, come spesso accade, gli eccessi di burocrazia che, purtroppo, a volte paralizzano le attività.
Le pratiche connesse alle autorizzazioni di insegne risultano spesso sproporzionate rispetto al bene da installare e a volte del tutto identiche a quelle necessarie per ottenere il permesso di costruire. Un fenomeno negativo che interessa anche la Pubblica Amministrazione di Jesolo. Questa dovrebbe essere, infatti, la prima interessata a recepire meccanismi ed istituti semplificativi:  soluzioni efficaci per migliorare e snellire l’attività burocratica di tutti i Comuni, con indubbio vantaggio per le attività produttive e commerciali ma anche per la Pubblica Amministrazione, sia in termini di qualità del servizio ai cittadini sia in termini di riduzione dei costi. Si dovrebbe facilmente intuire che un insegna non ha niente a che fare con un opera edilizia o ingegneristica: un autorizzazione non deve perciò essere un obbligo ma un opportunità per chi la richiede. E’  giusto pertanto che le procedure debbano essere semplificate. Una semplificazione da ritenersi un beneficio non solo per l’operatore che deve eseguire l’intervento e per il cittadino (che necessità di esporre l’insegna in tempi ragionevoli) ma anche per le Amministrazioni che risparmiano tempo nell’espletamento delle pratiche.
La Suprema Corte ha ritenuto in più occasioni che l’installazione di un manufatto pubblicitario non necessita di autorizzazione o concessione edilizia (definizione dei titoli edilizi ante T.U. Edilizia del 2001, ora permesso di costruire), trattandosi di intervento che non comporta una trasformazione urbanistica del territorio e che, quindi, tra l’altro, non integra gli estremi di alcun reato urbanistico.In sintesi i ragionamenti effettuati dalla Corte di Cassazione si basano sul presupposto di assoluto buon senso che un insegna (o altro mezzo pubblicitario), spesso di modeste dimensioni, non possa in alcun modo rientrare nella previsione legislativa che richiede l’autorizzazione edilizia, o altro titolo edilizio abilitante ivi compresa la DIA edilizia. Anche il Giudice Amministrativo ha avuto modo di pronunciarsi sul punto.“Il cartellone che pubblicizza l’attività svolta, per i materiali di cui è composto, per la funzione che assolve e per la sua consistenza meramente bidimensionale, non produce perturbazioni di natura urbanistico – edilizia tali da essere assoggettato al regime concessorio.” (T.A.R. Lombardia, Sezione II, 07 Giugno 1991 n. 995, in Trib. Amm. Reg., 1991, I, 2878).
“Anche l’installazione di cartelloni pubblicitari sulla facciata di un edificio [n.d.r. insegna di esercizio], se di rilevanti dimensioni, costituisce un intervento sul patrimonio edilizio esistente, in quanto capace di modificarne l’estetica in modo duraturo, necessita quindi, del rilascio di un provvedimento abilitativo da parte del Comune, che può essere un’autorizzazione e una concessione, a seconda del diverso impatto urbanistico dell’intervento” (TAR – Emilia Romagna – Parma 24/04/1991, n. 126).“L’installazione di cartelli pubblicitari, di dimensione non trascurabile e stabilmente infissi al suolo, assume rilevanza ai fini urbanistici ed è necessariamente soggetta al preventivo rilascio di apposita concessione o autorizzazione edilizia” (TAR Umbria Perugia 23/08/1997, n. 479).
Non ultimo errore, a mio avviso, è di non aver comunicato ai cittadini questa ulteriore incombenza burocratica: ai quotidiani non è stata trasmessa, per quanto mi pare di ricordare, alcuna comunicazione istituzionale al riguardo. E neppure il giornale dell'amministrazione Comunale è stato utilizzato per tale scopo, nonostante sia un mezzo di comunicazione rivolto (e finanziato) dai cittadini."

Aperture di "Pizze al taglio". Quanto influisce sulla qualità complessiva del servizio offerto ai turisti?

"L'aumentare dei ritmi della vita ha fatto sì che sempre più gente preferisce mangiare velocemente qualcosa, specie durante i week end al mare: un’ampia fetta di turisti, spesso identificati con i pendolari, è stata conquistata dalle pizzerie al taglio. Attività che anche a Jesolo  stanno diventando numerosissime, per non dire in continua espansione. E’ anche vero che, in un contesto di programmazione commerciale, tali attività, rispetto alle attività che somministrano cibi e bevande, sono vere e proprie “mosche bianche”. Facili da aprire, necessitano solo dell’iscrizione al registro delle imprese e all'albo delle imprese artigiane, più l'autorizzazione della ASL che certifica se i locali sono in regola con le vigenti normative igienico-sanitarie. Per legge,poi, la pizzeria al taglio, se non in possesso di licenza comunale e l'iscrizione al REC non potrebbe somministrare bevande e i pezzi di pizza venduti, dovrebbero essere consumati fuori dal locale. In realtà, , ma in realtà la maggior parte dei locali per pizza al taglio è dotata di panchine o sedie consentendo così  il consumo all’interno della pizzeria : un problema non di facile soluzione che si ripropone come fenomeno di “contrapposizione” frontale tra pizzerie e le stesse “pizze al taglio”. Per quanto mi  riguarda, la stesura di un piano commerciale dovrebbe agire i due direzioni: A)far ricomprendere (con una modifica legislativa) le “pizze al taglio” all’interno delle autorizzazione per la definizione di un piano commerciale che occupa “l’area vasta”; B) un “blocco” all’espansione di tali attività. In questo senso  sarebbe però stato utile che il Comune avviasse tali attività  di verifica sullo stato di proliferazione di nuovi esercizi commerciali che esercitano attività con prodotti e allestimenti “take away”. Non si tratta, ovviamente, di tenere la testa sotto la sabbia e negare l’evidenza di ciò che potrà essere la "somministrazione di cibo e bevande in un prossimo futuro. Si tratta di non generare fenomeni di tensioni tra le parti (il cartello “Via delle Pizze” esposto fuori la Pizzeria Perla Nera è certamente significativo del clima che si respira in zona". 

Quanto "vale" un ponte festivo? Storia di un occasione persa (17 marzo)

Confindustria ha affermato che un eventuale “ponte” per i festeggiamenti del 150° anniversario dell’Unità d’Itala, potrebbe causare 4 miliardi di danni all’ economia nazionale. , invece ha deciso di "boicottare" le prenotazioni per protestare contro la tassa di soggiorno. Eppure per un sistema che continua a soffrire di consumi bassi (e non sicuramente di scarsa produzione industriale), la gita fuori porta o lo shopping potrebbero aiutare a rimettere in moto la nostra economia . L’Amministrazione Comunale si è limitata ad una scarna cerimonia per il 17 marzo: ore 10.00 cerimonia dell’alzabandiera con lancio di corona sul fiume Sile; ore 10.30 narrazione della storia di Jesolo durante i 150 anni, accompagnata dalle musiche della Fanfara dei Bersaglieri.  Eppure questo anniversario cade in un anno particolarmente povero di ponti. Il 25 Aprile è Pasquetta, il 1° maggio è domenica. E’noto,poi,  a tutti gli albergatori che le strutture  alberghiere vivono in una situazione che le vede iper-utilizzate e sovraffollate nei due mesi estivi (Luglio ed agosto), mentre nel resto della stagione turistica sono sottoutilizzate. Un “ponte” in un mese come marzo, con un coerente programma di manifestazioni,  avrebbe potuto attivare il turismo culturale, quello enogastronomico e la vacanza per lo shopping. Confcommercio stima che un ponte “valga” 1,35 miliardi di euro (basti pensare che quello del 25 aprile 2008 valeva 1,8 miliardi!!). Il tira e molla sugli Inno e l’assenza di qualsiasi discussione “costruttiva” sul programma dei festeggiamenti ha prodotto un programma che assomiglia a quello del 4 novembre (Anniversario della Vittoria). Irrilevante per gli operatori economici e asfittico nella capacità di attirare potenziali turisti.