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lunedì 21 marzo 2011

Troppe Pizzerie? Ma la liberalizzazione è davvero incompatibile con la programmazione?

Mi è giunta , tramite fotocopia consegnata dallo stesso ristoratore jesolano, una lettera, recante firme di altri ristoratori della zona e indirizzata all’Amministrazione Comunale e all’Assessore al commercio e alle attività economiche. I ristoratori della zona tra piazza Mazzini e Largo Augustus si chiedono “come sia possibile la nascita di così tante pizzerie e ristoranti in una zona che è già abbondantemente servita di attività di questo tipo”. In forza di tale interrogativo, i ristoratori della zona si dichiarano “profondamente preoccupati nel vedere ciò che sta accadendo a livello commerciale lungo questo tratto di via” ritenendo la stessa politica “incapace di tutelarci”. Per comprendere l’importante questione sollevata è necessario chiarire che , lo stato italiano ha fatto già proprie alcune delle disposizioni della Direttiva Bolkestein, quando stabilisce che le attività di commercio e somministrazione non possono essere sottoposte ad alcuni requisiti tra cui, per quello che qui ci interessa, il rispetto di distanze minime obbligatorie tra attività della stessa tipologia. Tale nuova disposizione  sancisce l’incompatibilità delle distanze minime obbligatorie  con il principio di tutela della concorrenza. Una programmazione che preveda una siffatta valutazione, può determinare, infatti, ingiustificate distorsioni della concorrenza, in quanto è in grado di impedire la crescita delle imprese e il conseguimento di economie di scala che, nei contesti di mercato caratterizzati dalla presenza di qualificati concorrenti, possono condurre a benefici per i consumatori. Tale programmazione avrebbe l’effetto, pertanto, di limitare l’esercizio dell’attività imprenditoriale senza tutelare la concorrenza e i consumatori, recando al contrario un potenziale danno agli stessi. Questo non significa però (e veniamo alla protesta giustificata del ristoratore), a mio modo di vedere, che non esista più una programmazione commerciale: se viene meno una programmazione numerica e contingentata lo si fa solo perché il riferimento della stessa si effettua su altri elementi ugualmente rilevanti. Faccio riferimento alle indicazioni contenute nel d.lgs. 59/2010, agli artt. 64, in materia di esercizi di somministrazione e 70, in materia di commercio su aree pubbliche (ma, si ritiene, anche in questo caso si tratta di principi naturalmente estensibili a tutti i settori del Commercio).Secondo tali norme, i provvedimenti di programmazione, limitati a zone del territorio comunale da sottoporre a tutela:a) devono garantire l’interesse della collettività alla fruizione di un servizio adeguato e quello dell’imprenditore al libero esercizio dell’attività;b) possono consistere in parametri oggettivi e indici di qualità del servizio; c) possono prevedere divieti o limitazioni all’apertura di nuove strutture solo per ragioni non altrimenti risolvibili di sostenibilità ambientale, sociale e di viabilità, rendendo impossibile consentire ulteriori flussi di pubblico nella zona senza ledere il diritto dei residenti alla vivibilità del territorio ed alla normale mobilità;d) devono garantire la tutela e salvaguardia delle zone di pregio artistico, storico, architettonico e ambientale; e) non possono prevedere criteri legati alla verifica di natura economica o fondati sulla prova dell’esistenza di un bisogno economico o sulla prova di una domanda di mercato, quali entità delle vendite e presenza di altri esercizi. In sostanza il Comune definisce e regolamenta i requisiti degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, in relazione alle specificità delle diverse parti del territorio comunale, tenendo conto di servizi (parcheggi pubblici disponibili, ad esempio) , standard di servizio qualitativamente adeguati alle esigenze di mercato della zona (capacità ricettiva di posti tavolo  proporzionata alla potenzialità della cucina e allo spazio adibito alla somministrazione ), servizi igienici ad uso esclusivo degli avventori adeguati alla superficie). Senza contare che le attività di produzione , trasformazione e distribuzione degli alimenti, proprie di locali dove di effettua la somministrazione di ci alimenti e bevande, devono essere svolte realizzando l’obiettivo dell’igiene dei processi e della conseguente sicurezza degli alimenti trattati. Ecco che l’emanazione di uno specifico regolamento di attività di somministrazione di alimenti e bevande,  in funzione delle zone individuate, permetterebbe a chiunque intendesse trasferirsi nella zona interessata di effettuare una corretta valutazione sui requisiti da impegnare.

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