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domenica 19 dicembre 2010


A TUTTI I LETTORI DEL BLOG,
UN SINCERO AUGURIO DI

BUON NATALE
E
FELICE ANNO NUOVO!

venerdì 17 dicembre 2010

Lettera Aperta al nuovo Assessore ai Servizi Sociali (17 dicembre 2010): una nuova sfida nella riprogetazione dei servizi sociali. Un caso in evidenza.

Colgo innanzitutto l’occasione per complimentarmi per la sua nomina ad Assessore ai Servizi Sociali: una donna è sicuramente il miglior investimento in sensibilità che una qualsiasi giunta produrre a fronte di un intenso impegno programmatico. La presenza straniera è un dato di fatto, una realtà esistente, indipendentemente dalla sua composizione o dal suo numero e dalla sua percezione. L'integrazione è quindi una necessità, che si impone sia alla popolazione italiana sia a quella straniera, e che presuppone da una parte la volontà di accogliere da parte di chi riceve e dall’altra la volontà di introdursi nella nuova società da parte di chi arriva. La convivenza, la comprensione tra culture diverse è un presupposto indispensabile per lo sviluppo sociale, culturale e anche economico della società. Ma quando e  come si “crea” l’integrazione? Quando l’immigrato (regolare) incontra, come un qualsiasi cittadino residente di una comunità, i servizi alla persona e, all’opposto, quando gli stessi servizi manifestano una forza tale da   impegnarsi con coraggio e generosità nel suo stesso campo. L’incontro con la speranza è sempre più forte di ogni convinzione ed appartenenza politica perché crea vicinanza ed integrazione. I servizi , più che con i singoli, sono chiamati a collaborare intensamente con la famiglia nella definizione e nell’attivazione del processo di aiuto. La famiglia è infatti il nucleo primario in cui l’individuo trova risorse materiali ed affettive per crescere in modo sano ed equilibrato. Ma la famiglia non è sempre quel nucleo stabile nella sua immobilità, senza tensioni. E per questo motivo la famiglia può subire trasformazioni che incidono, poi negativamente, su tutti i membri della stessa. Il concetto di crisi, è strettamente legato alla percezione di uno stato di disagio: non ho naturalmente alcuna competenza al riguardo ma, come espressione di un comunità (prima ancora di sottolinearne il ruolo di mera appartenenza  politica) desidero (come credo lo pretenda lei quale rappresentante istituzionale)  che le condizioni concrete di ogni suo membro siano dignitose.  In questa prospettiva, già la stessa comunicazione di un disagio da parte di un qualsiasi cittadino, anche extracomunitario, diventa una percezione indiretta dello stesso, e, come tale, equivale ad una presa di coscienza, legata all’assunzione di responsabilità (la politica non c’entra), al fine di mettere in moto una serie di comportamenti, atteggiamenti o meccanismi che possano favorevolmente consentire al sistema stesso di avvicinarsi al problema. Vedo di descriverle in breve la questione, sulla quale potrà esperire le sue doverose valutazioni e considerazioni. Il Sig. Reaz (tel.********) mi ha riferito il caso di una donna extracomunitaria (S.A.)di 23 anni residente a Jesolo, sposata con un figlio di 14 mesi. Il marito di 33 anni, è morto il 22 settembre c.a. (ha lavorato per circa 8 anni a Jesolo). La donna sembra caduta in una sorta di disagio psichico dovuto probabilmente alla morte del marito. E’ evidente che, un po’ per la situazione in sé un po’ forse per il diverso contesto culturale, la manifestazione esterna del disagio avvenga per interposta persona (il Sig. Reaz). Come, d’altra parte, il “Caso” possa essere l’espressione di una qualsiasi altra famiglia residente. Per capire concretamente, ricorro al caso citato (per il quale, i auguro, si dispongano effettivamente, degli accertamenti. Se SA non è stata in grado di definire lo stato di disagio trasformandolo in una richiesta d’aiuto è evidente che toccherà al sistema (all’assistente sociale) cercare di “centrare” la questione allo scopo di definirne gli interventi. E, se è vero che ogni intervento va “letto” nell’ottica relazionale, è altrettanto evidente che la soluzione poggia sull’incastro di variabili non sempre connesse tra loro. La valutazione pertanto non riguarda il nucleo famiglia composto da madre e figlio ma, al contrario il sistema all’interno del quale si realizza il disagio. tentativi di connettere e rendere coerenti e dotate di senso le relazioni e i comportamenti delle persone che partecipano al processo. L’intervento del Servizio sociale può risolversi in un  Assistenza domiciliare e/o in un Assistenza economica (un contributo economico, incisivo e per brevi periodi, che consiste in un aiuto alle famiglie in difficoltà per evitare un peggioramento della situazione)? E’ sufficiente un sostegno con affido mamma/bambino?Oppure la sofferenza psichica della donna (la discussione è sempre “in presunzione” di fatti non accertati) è tale che può incidere su tutti gli aspetti del vivere, compreso quello relazionale con il bambino? E’ necessario ricorrere alla potestà come istituto di protezione per il minore? Se un qualsiasi operatore sociale si limitasse ad accogliere il disagio solo sul fronte della valutazione,senz’altro logica, di chi subisce il disagio, vorrà dire che tenderà a rispondere alla domanda di aiuto specifica, senza un quadro esplicativo della situazione, limitando notevolmente il suo campo di azione. Probabilmente, in questo caso, giungerà alle stesse conclusioni cui altri (persone che vivono in prossimità della coppia madre/figlio) sono già giunte , e vedrà, perciò, le stesse alternative soluzioni di quest’ultimo. L’intervento sarà quindi, centrato a rispondere alla domanda concreta (domanda apparente), senza entrare nel cuore del vero disagio (domanda reale).Questo per farle capire quanto sia complessa l’attività dei servizi sociali (avrà modo di approfondire sicuramente tali questioni) e, come, la stessa non possa essere trasformata in interventi “personalizzabili” senza una fase di intensa riproposizione progettuale, a cui lei, nel suo mandato, è chiamata a gestire.

La revoca dell’incarico di Assessore: libera scelta del Sindaco o scarsa attenzione verso gli interessi della comunità?

Come coordinamento di Alleanza di Centro, volevamo criticare come, fino ad ora, è stato utilizzato l’atto di revoca dell'incarico di assessore comunale: esso, infatti, non è inquadrabile, a nostro avviso,  tra gli atti politici, nonostante la rivisitazione a seguito delle modifiche al titolo quinto della parte seconda della Costituzione, che ha fatto venir meno la struttura verticale delle autonomie. L'atto sindacale di revoca di un assessore (o di più assessori) da un lato non è libero nella scelta dei fini, essendo sostanzialmente rivolto al miglioramento della compagine di ausilio del sindaco nell'amministrazione del comune, e dall'altro è sottoposto alla valutazione del consiglio comunale ai sensi dell'articolo 46, ultimo comma, del D.L.vo n. 267/ 2000. La materia del conferimento e della revoca degli incarichi assessorili è attualmente regolata dall’art. 46 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali). L’articolo in parola, infatti, dispone al comma secondo che “Il sindaco e il presidente della provincia nominano i componenti della Giunta, tra cui un vicesindaco e un vicepresidente, e ne danno comunicazione al consiglio nella prima seduta successiva alla elezione”, e poi prevede al comma quarto che “Il sindaco e il presidente della provincia possono revocare uno o più assessori, dandone motivata comunicazione al consiglio”.Pur sussistendo una certa discrezionalità nell’atto di revoca, sussiste comunque il dovere di giustificare l’esercizio del relativo potere, che non può certamente essere arbitrario, dovendo essere rivolto a curare gli interessi della comunità locale secondo il programma politico-amministrativo sulla cui base è intervenuto il voto popolare. Ecco quindi l’esigenza di ricercare ragioni che possano legittimare la revoca delle funzioni assessorili in base a comportamenti che, al di là del dissenso rispetto a certe scelte amministrative, possano in qualche modo rendere impossibile la continuazione della compagine amministrativa, incidendo così, doverosamente,  sull’esigenza del buon andamento dell’azione amministrativa che costituisce indubbiamente uno dei criteri di riferimento fondamentali della materia. Nella revoca non possono esserci perciò ragioni di natura politica: la revoca deve essere perciò motivata, per le comuni esigenze di trasparenza, imparzialità e buon andamento. Una volta che gli organi del comune si sono costituiti sulla base della legittimazione elettorale, essi devono pur sempre funzionare nell’interesse dell’intera collettività territoriale e nel rispetto del principio di imparzialità e buon andamento (articolo 97 della Costituzione). Le ragioni politiche possono assumere rilievo nella comunicazione della revoca che il sindaco deve fare al consiglio comunale: essa può incidere anche su valutazioni relative al rapporto di fiducia politica tra il consiglio stesso ed il sindaco. Riteniamo, inoltre ammissibile l'impugnativa di un atto del genere davanti al giudice amministrativo in quanto posto in essere da un'autorità amministrativa e nell'esercizio di un potere amministrativo, sia pure ampiamente discrezionale.
Sinteticamente:
- La scelta degli assessori comunali da parte del Sindaco è libera scelta politica, ma la revoca dei medesimi coinvolge l’espletamento di una funzione pubblica che deve, pertanto, basarsi sulla esistenza di ragioni di pubblico interesse che giustificano l’allontanamento dalla carica del consigliere che pur potrebbe in ipotesi aver svolto la funzione con soddisfazione della cittadinanza comunale;
- le ragioni della ripartizione dei posti fra appartenenti a partiti politici per soddisfare pretese che non evidenziano una qualche dovuta attenzione in termini di miglior servizio pubblico a favore della cittadinanza non può costituire di per sè giusta ragione per cambiamenti che restano incomprensibili in termini obiettivi e di rispetto della volontà degli elettori tanto più che, come nel caso, tutti appartengono allo stesso gruppo di maggioranza che deve attuare il programma prospettato agli elettori.

“Deleghe” ai consiglieri comunali di maggioranza? Ma non sono mica assessori…..

Il sindaco Calzavara, dopo le dimissioni dell’assessore Boccato, ha ritenuto importante assegnare, al nuovo assessore, dott.ssa Donatella Regazzo, la delega delle politiche sociali mentre quella sulla sicurezza veniva attribuita al Sindaco stesso. Probabilmente è da ritenersi che tale scelta sia finalizzata a rendere più efficace ed incisiva l’azione amministrativa. Se nel merito delle tante deleghe somministrate dal sindaco (e, poi ritirate per revoca o dimissioni) si possono dare spazio ad interpretazioni e significati diversi, univoco è invece il giudizio politico del coordinamento di Alleanza di Centro. Assegnare deleghe, senza una valutazione circostanziata del lavoro svolto in merito alla realizzazione del programma, significa avere uno scarso senso delle istituzioni e dei ruoli istituzionali. Altrettanto incredibile appare a questo coordinamento l’attribuzione di deleghe ai consiglieri di maggioranza. “A seguito della riduzione degli Assessori (da 8 a 5) e del conseguente aumento del carico di lavoro in capo ai diversi assessorati (così recita il comunicato stampa), si è deciso di coadiuvarli assegnando ai Consiglieri alcuni compiti specifici per supportare nelle diverse attività la nuova Giunta e, soprattutto, per cercar di dare risposte ancora più celeri ai Cittadini”. Il Sindaco stesso sottolinea :“Il coinvolgimento anche dei Consiglieri nel lavoro dell’Amministrazione sono sicuro permetterà di raggiungere ancora più velocemente gli obiettivi di mandato prefissati”. Questi sono gli incarichi che sono stati assegnati ai Consiglieri Comunali evidenziando le singole capacità ed attitudini:

Nedda Fancio – Progetto Echo School e promozione del Teatro e della Musica in ambito scolastico
Claudio Ferro - Casa di Riposo e nuovo Distretto Sanitario
Alessandro Iguadala - Parco Archeologico Antiche Mura
Nicola Manente – Fattoria Didattica e Accordi di Programma PAT
Giorgio Pomiato – valorizzazione aree Commerciali pedonali
Luigi Rizzo – valorizzazione dei Comitati e delle Frazioni
Luigi Serafin – Progetti per il sostegno alla Famiglia
Giacomo Vallese – Concessioni Demaniali e relativa normativa Europea”.
Sulla questione riteniamo di non voler fare inutili e sterili polemiche.  Vorremmo però ribadire che la disciplina delle deleghe  debba essere coerente con la funzione istituzionale dell'organo cui si riferisce. Quale criterio generale, occorre considerare che il consigliere può essere incaricato di studi su determinate materie, di compiti di collaborazione circoscritti all'esame e alla cura di situazioni particolari, che non implichino la possibilità di assumere atti a rilevanza esterna, né di adottare atti di gestione spettanti agli organi burocratici. E ciò, però – sottolineo – deve essere espressamente previsto dallo statuto comunale e quello della città non lo prevede . Qui si assiste invece, a consiglieri che vanno ben oltre l’attività di studio e approfondimento. I delegati, infatti, operano dal punto di vista politico come dei veri e propri assessori, essendo stato assegnato loro, come la dichiarazione del Sindaco stesso sottolinea, veri e propri carichi di lavoro. Ciò è assolutamente sbagliato , in quanto i compiti affidati dal sindaco ai consiglieri non possono in alcun modo configurare attività gestionali o assimilabili a quelle degli assessori, a meno che non decidano di dimettersi dalla figura di consiglieri. Secondo il Testo Unico degli Enti Locali i consiglieri comunali, infatti, svolgono unicamente attività di tipo istituzionale, e in qualità di componente di un organo collegiale, svolgono attività di indirizzo e controllo politico-amministrativo, partecipando alla verifica periodica dell'attuazione delle linee programmatiche da parte del Sindaco e dei singoli assessori. Per chi volesse approfondire la questione dal punto di vista istituzionale, è possibile sintetizzarla in due punti:a) Lo statuto del Comune di Jesolo non dedica (ciò appare desunto dal testo pubblicato nel sito del Comune) alcuna disciplina alle deleghe interorganiche ai consiglieri comunali, mentre si rinviene invece alla voce relativa alle competenze e funzionamento della Giunta, la previsione che conferma in capo al sindaco la conferibilità agli assessori dell’esercizio delle funzioni ad esso attribuite per gli uffici e i servizi, secondo le sue direttive; b) lo Statuto recepisce invece la previsione recata dall’art. 42 TUEL (Testo Unico Enti Locali), di attribuzione dell’attività istituzionale di controllo politico amministrativo al consiglio comunale e quindi ai consiglieri, in qualità di componenti dell’organo, al fine di evitare sia che i contenuti dei compiti delegati possano confondersi con quella stessa attività di controllo, sia una sovrapposizione di funzioni con lo svolgimento di competenze proprie degli assessori.

giovedì 16 dicembre 2010

Qualcuno mi potrebbe per favore liberare dall’abuso della storia? Un antidoto contro le presunzioni dei libri fai-da-te.

Vivijesolo, nella presentazione del libro dell’ex-sindaco Renato Martin “I tremila giorni che hanno cambiato Jesolo” ( martedì 21 dicembre ore 20.30 c/o sala Tiepolo del Kursaal di Piazza Brescia) , così lo descrive: “Un libro che non è un programma elettorale, né un testamento politico, ma più semplicemente il risultato di una lunga chiacchierata tra vecchi amici…..una lunga stagione politica segnata da una stabilità di governo senza precedenti…l’uomo che con le sue scelte, condivise o meno, ha strappato la città dal totale immobilismo politico ed amministrativo”. Come dire: anche la storia di un libro di memorie dello “scomodo” ex-sindaco , può essere utile per restituire alla città, la trama che ha caratterizzato le sue  “trasformazioni urbanistiche”. Può però anche accadere che cultori della memoria e non  (tra cui gli stessi antagonisti politici dell’ex sindaco) prendano le distanze   dai suoi luoghi, dai suoi miti, dai suoi simboli ovvero dal titolo (e dai contenuti) del libro, fosse anche seducente e innovativo, allo scopo di scolorire i contenuti nell´indistinto dello stereotipo. Che, poi, la formula dell’intervista assomigli più ad una sorta di tapis roulant tra le diverse memorie  (quasi fosse una sorta di percorso turistico- culturale) piuttosto che utilizzare la solita liturgia memoriale,poco importa. Quello che ritengo sia più importante è che la storia di una città non si trasformi (senza che questo porti ad una sconfessione né dei contenuti del libro né dei citati “cultori”)   in una sorta di abuso della memoria: scavare irrimediabilmente un solco tra storia (il PRG è ormai approvato) e discorso pubblico (elemento di discrimine politico) con generici ed anarchici fai-da-te, vuol dire relativizzare il senso stesso della storia; ogni asserzione del passato vale l´altra e tutte sono ugualmente indimostrabili e insignificanti. E tale cortocircuito , iniziato con la questione dell’Inno di Mameli suonato all’inizio di ogni consigli comunale, è destinato a esplodere nel centocinquantesimo anniversario dell´unità d´Italia, su cui sono già cominciati i cannoneggiamenti antirisorgimentali: il Risorgimento come congiura massonica? L’unificazione italiana come imposizione della corona inglese? Tutto può indurre a ricercare tardive vendette e “risarcimenti” ideologici . Fare “politica” della memoria non potrà mai sostituire la storia con una antistoria : si può solo rendere, tutti, ancora più confusi, disancorati, poveri di autostima. E sostanzialmente incapaci di pensare ad una nuova (quanto entusiasmante) narrazione del futuro prossimo. Così, se i pro Master Plan prevalsero sui contro - questa è storia – non possiamo certo portarceli dentro per farli esplodere poi. A fronte di un discorso pubblico (leggi politica) impazzito, di un proliferare di memorie e di soggettività, un “inseguimento” delle proprie ragioni, spesso di bassa cucina politicante, la storia dovrebbe continuare ad esercita il suo mestiere, in una crescente divaricazione tra senso comune e risultato finale. Il libro dell’ex sindaco Martin (mi auguro naturalmente che non lo sia)  vuole essere la dimostrazione di uno sbriciolarsi dell´oggetto iniziale,il Master Plan, in contrapposizione della messa in dubbio della realtà politica attuale,caratterizzata da un discorso politico labile e fuggevole?  Il libro è una sorta di prefazione al ritorno sulla scena politica del “Principe” Renato Martin , quasi volesse avocare a sé il potere di stabilire quel che la storia avrebbe dovuto raccontare? Non ho nulla contro il ritorno degli ex della politica. Ma è altrettanto vero che i “ritorni” si giovano, in genere, di fenomeni quali l’eclissi del sociale, la corrosione della democrazia, l’avanzare dell’antipolitica populista, la fine dello stato sociale e, perfino, dell’incapacità di governare l presente da parte della politica. Il noto medievista italiano Giuseppe Sergi ha scritto un bel libro dal titolo “Antidoti contro l’abuso della storia”. Perché la storia non si può solo usarla: se ne può addirittura abusarne, e a differente titolo: magari nelle ricostruzioni proposte. Solo la storia che guarda al presente in funzione del futuro è utile per la società: tentare di mistificare il passato per scopi politici  equivale a trasformare la storia in una sorta di fiction  cinematografica o televisiva. Pseudo storia, appunto.

sabato 11 dicembre 2010

STATISTICA E SISTEMA INFORMATIVO DIGITALE: L’INNOVAZIONE IN COMUNE

Le strategie ed i processi decisionali del Comune di Jesolo – che puntano allo sviluppo socio-economico del territorio – dovrebbero sposare le potenzialità dei sistemi di analisi e reportistica. Il Comune è un ente di governo rivolto allo sviluppo del proprio sistema socio-economico e territoriale, attraverso la definizione e l’attuazione di politiche di intervento e di regolazione. In quanto tale è necessario che il Comune di Jesolo si doti di una strumentazione informativa e di nuove tecnologie per migliorare il funzionamento della “macchina comunale”. Ma allo stesso tempo, in quanto Ente di Governo, dovremmo adoperarci per promuovere, mediante politiche mirate , lo sviluppo e la diffusione delle nuove tecnologie sul territorio. Sul settore informativo non credo si possa vantare un sistema che tocchi un po’ tutti i settori in cui il Comune Regione è impegnato. Penso al turismo in primis, alla formazione, all’assistenza sociale, alla sanità. Ma anche alla redazione di piani complessi come il Piano del traffico (che influisce direttamente sugli spostamenti) l’edilizia abitativa, la cultura, la protezione civile, l’agricoltura, le attività economiche, l’energia, l’ambiente, la difesa del suolo, i lavori pubblici, le infrastrutture, l’urbanistica, le autonomie locali. Gli strumenti non sono utili solo per il controllo di gestione, ma anche per monitorare i bisogni che emergono e gli effetti delle politiche di intervento.

DISCOTECHE: X-SITE O UN RIPENSAMENTO SOSTANZIALE DI STRATEGIA?

Negli anni ‘80 le discoteche, a Jesolo, erano un “must” da non perdere. Negli anni ’90 sono state accantonate a vantaggio di nuove location (piazze e spiaggia).Inutile negarlo:  la discoteca ha rappresentato  “strutturalmente” una risorsa importante per il turismo. Il risultato di un atteggiamento politico cauto nei confronti del cambiamento: in netta controtendenza alla volontà politica di voler cavalcare ogni nuova opportunità che si presenti (leggi X-Site). Se la politica avesse , all’epoca, adottato un approccio al cambiamento conservatore, caratterizzato da una pianificazione più dettagliata e meticolosa del nostro territorio, avremmo avuto una visione prospettica più adeguata alla realtà. Le nuove “location”, come tali, avranno durata breve: non è un mistero che anche la promozione turistica di una località si lasci influenzare dal mondo patinato dei format generalisti (sia quelli televisivi che quelli su carta stampata) e dai Vip del momento. Questo è uno dei motivi per cui le discoteche torneranno presto prepotentemente  alla ribalta: le feste private, a volte organizzate da starlette dello spettacolo, a volte da importanti aziende nazionali ed internazionali , rappresentano veri e propri eventi  glamour  a scopo pubblicitario: un ritorno massmediatico indiretto anche per le stesse località turistiche che ospitano l’evento. Da tempo dedico la mia attenzione all’evoluzione manageriale di  alcune discoteche che, a livello nazionale, hanno migliorato gli allestimenti scenografici, le tecnologie video e l’impianto luci. Senza dimenticare la presenza di numerosi servizi necessari: dall’impianto audio al bar, dal parcheggio al guardaroba, senza contare il personale che gestisce la sala e la security. Sono comunque strutture inserite a pieno titolo nel contesto urbano e “riconoscibili” da chiunque voglia raggiungerle:  è  la somma di vantaggi a carattere logistico con quelli strategici. Una fotografia che ricorda  come erano le discoteche jesolane negli anni ’80. Ma perché le discoteche sono da considerarsi fondamentali per la crescita dei flussi turistici? Immaginiamo, per un attimo, che una nota azienda (nazionale o internazionale) decida di organizzare un evento, una convention, un meeting. L’azienda ha bisogno di rafforzare la propria immagine: ad essa vuole associare un momento “emozionale” unico. Che cosa fa l’azienda interessata? Si mette alla ricerca di quella “location” che, oltre a fornirle tutti gli aspetti logistici e organizzativi, possa fornirle l’esclusività dell’evento, “l’esperienza” che dia la consapevolezza di vivere qualcosa di irripetibile. Una cena di gala o uno spettacolo musicale possono essere l’occasione per diventare uno strumento comunicazionale di grande interesse, se questo da, a chi partecipa, la sensazione di assoluto privilegio. Pensare ad una strategia di assoluto rilievo come quella descritta, fa comprendere che anche nell’attuazione di cambiamenti radicali (vedi PRG), l’approccio deve essere effettuato con la massima cautela.

La festa che fa più tendenza? Quella di divorzio….Altro che il matrimonio in spiaggia!

Perché sposarsi in chiesa? Naturalmente perché si ha fede. Significa non solo credere nel cristianesimo ma esserne anche convinti che essa sia necessaria per accompagnare la nostra vita. Nella post-modernità dove tutto e “relativo” , si può avere fede e non essere praticanti. Come dire: la coppia è dell'idea che alla fine tanta gente si sposa in chiesa non perchè abbia una fede convinta ma perche' la cerimonia risulta piu' bella, importante rispetto al matrimonio in comune, dove la durata della cerimonia è inferiore e il luogo è solitamente molto meno bello e caratteristico delle chiese...Se , poi le location si fanno più “attrattive” delle chiese ecco la nuova tendenza: “caro….ti ricordi quel paesino che abbiamo visitato….c'è una chiesetta sul promontorio ...ti ricordi le scalette che scendono a mare.... ed il ristorante sotto….”. Una location perfetta per qualsiasi reality show di rispetto. Già, il matrimonio è diventato un reality-show: un giorno per farsi ricordare. Atto primo:  lui e lei che arrivano all’appuntamento del matrimonio, stacco, il cameraman riprende il vestito della sposa con alcuni primi piani incantevole…). Segue la cerimonia formale e l’emozionante momento del bacio (per altri, potrebbe essere il momento del sì). Dall’altare al pranzo in un turbinio di riprese esterne e momenti introspettivi. Dissolvenza. The End. Si torna a casa e la tv (al plasma) è orgogliosa di proiettare il film di una vita. Una vera e propria realtà virtuale, una fiction (di moda) dove tutto è tutto patinato, rimontato, sceneggiato.  Il risultato? Un bel dvd che è costato 500 a 1000 euro da regalare ai convitati. C’è poi preferisce una cerimonia in una location diversa: si prende l' aereo e si parte alla volta di un «sì» molto esotico. Caraibi?Maldive?Mauritius? Mete preferite per i matrimoni sulla spiaggia. Che, poi, anche Jesolo sia diventata una meta dove volersi sposare a piedi nudi sulla sabbia, lo apprendiamo, estaticamente rapiti, dalla stampa. Il Sindaco di Jesolo, da sempre interessato alla promozione della città, ha deciso di “sposare” (mi si consenta il termine) un trend emergente, quale quello del matrimonio in spiaggia, con la pubblicità indiretta che i “piccoli eventi” matrimoniali sono in grado di generare. Per comprendere quanto sia importante il business del matrimonio (ma anche la Location) basterebbe collegarsi con il sito della Newlife (società che gestisce eventi importanti, matrimoni compresi) dove viene descritto il sito: “Jesolo è situata su un parco fluviale d'incantevole bellezza , luogo ideale caratterizzato dalla magia dei colori della natura.” A me (chissà, forse sono un “inguaribile romantico) mi viene in mente la chiesetta a Caorle. “Non è proprio in spiaggia però è bellissima e molto romantica….Appena esci si vede il mare e, in ogni caso, si può andare negli scogli a fare le foto che sono bellissimi….Location azzeccata e senza fronzoli: un bel risparmio in tempi di crisi!...Ma torniamo alla location jesolana e alla celebrazione dei matrimoni in spiaggia.qualcuno, sorpreso dalla proposta, potrebbe gridare allo “scandalo”(perché i matrimoni si celebrano doverosamente, in chiesa). Ma un politico avveduto, dovrebbe fare quella domanda che, una volta, facevano i parroci saggi: “Perché venite a sposarvi in chiesa?”Che tradotto verrebbe: “ Perché venite a sposarvi in Municipio?” . E’ il ribaltamento del concetto “politicamente corretto” per cui si va in Chiesa (in questo caso in Municipio) a sposarsi “perché è bello” (la location è bella…). Se, poi, il politico desse un occhiata ai numeri sul matrimonio vedrebbe che le separazioni sono in continua ascesa, così come le convivenze. Se come fidanzati ci si è semplicemente divertiti senza intendersi come debba essere vissuta la vita, perché mai si dovrebbe decidere di andare a convivere fino  al matrimonio? La risposta ha varie sfumature, ma girano tutte intorno alla solita minestra: “Mi sposo in Chiesa perché credo in Dio, ma mica in quello proposto dalla Chiesa per i suoi interessi. Comunque c’è un certo fascino, insomma sposarsi in Chiesa è “bello”..e la variante meno impegnata è: “La mamma (o la nonna) ci tiene tanto.” Che il matrimonio sembri ormai un cadavere in uno stato di avanzata decomposizione, è fuori discussione. Non vorrei fare l’integralista all’incontrario ma, se il matrimonio segue le “dinamiche” della coppia (concetto che spopola dal psicologo tra le coppie sposate in crisi ), vorrà dire che, alla fine, se il matrimonio è una fiction, il divorzio “è per sempre”. Chi lo ha detto che il divorzio deve per forza essere un evento traumatico? Ci sono alcune coppie che vorrebbero addirittura festeggiare. E non tanto, o non solo, per essersi finalmente liberati del partner. Divorziare in molti casi significa anche cominciare una nuova vita, cambiare pagina, ricominciare una grande avventura. E allora perchè non fare una bella festa uguale a quella di matrimonio? Altro che wedding planner, location ecc. Ci vorrebbe un Divorce planner (confidando che la location rimanga sempre la stessa,si sa, per puro valore liberatorio) che organizzi un party con tanto di  Divorce Cake, la torta per il divorzio che nulla hanno da invidiare a quelle matrimoniali. Jesolo, il divorzio “per sempre”. Commento a margine della provocazione (spero riuscita). In questa tendenza “ambientalista” nel ricercare location adatte al proprio matrimonio vi è una sorta di ricerca “pagana” (direbbe qualcuno) del rito “sovrannaturale”.  Il matrimonio (almeno per chi ci crede), come ricerca di location, è  la spinta delle persone a cercare alternative che possano offrire esperienze (anche soprannaturali) più tangibili, in contrapposizione alla ridotta percezione dei riti religiosi e delle celebrazioni solenni. Una riflessione seria: non solo sulla “tenuta” dei matrimoni ma anche sul senso della parola “famiglia”.

giovedì 9 dicembre 2010

Miss Italia? Ecco l'indirizzo di un Blog che si preannuncia, nei contenuti, "politicamente scorretto"...

http://sacerdotisposati.splinder.com/post/23280570/se-miss-italia-e-un-pollo-da-spennare

“Nessun” Presepe a Jesolo? Anche un albero di Natale non sarebbe male…

La festa religiosa del Natale è sempre stata celebrata nella totalità del mondo cristiano: si esprime con riti, cerimonie ed usanze che variano di paese in paese; una delle usanze più sentite è quella del presepio. Seguito a ruota dall’albero di Natale. E’ in questo spirito che ogni anno rinnoviamo lo stupore per il mistero della nascita di Gesù. Naturale quindi, presumere che vengano allestiti presepi di varie fogge e grandezze, con molteplici ambientazioni ed utilizzando infiniti materiali. Un modo per rinnovare la fede, ma anche la speranza di un mondo nuovo. Ma a Jesolo, c’è un presepe? Si, quello di “Sand Nativity”. Ma se quello degli anni passati rievocava le ambientazioni della nascita di Gesù, quello di quest’anno non ostenta Madonne, San Giuseppe, Bambin Gesù, bue ed asinello, ed Angeli annessi. Per non dire, poi, della mancanza di un albero di Natale,che per dimensioni ed importanza possa dirsi tale. Evidentemente dietro la scelta “commerciale” (Sand Nativity si inserisce in un filone promozionale di Jesolo) non c'è un motivo religioso, ma solo il semplice fatto che il Comune non vende né rappresenta presepi ed altri simboli religiosi: semplicemente non rientrano nella sua natura di organo istituzionale.  Un presepe addobbato con luci e tensostruttura adeguata è pur sempre un messaggio di tutto rispetto: ovvero un luogo luccicante  e magico collegato  con una raccolta di fondi per una qualche iniziativa benefica da realizzare in località sperdute del mondo… In pratica la migliore rappresentazione del connubio promozione commerciale e buonismo. Certo, tutto questo funziona bene in un periodo di “vacche grasse”: vi ricordate la consegna dell’albero di Natale (35 metri circa, se non ricordo male) da parte di Heider? E dello show che faceva felici i mass media? Tutto previsto, come da copione. A Jesolo, dove d'inverno non succede niente, ci voleva Haider a far di nuovo succedere qualche cosa di rilevante andando a far visita al suo amico sindaco Martin. Continuerà a Roma, dove Haider consegnò  ufficialmente al Papa l'abete della Carinzia per l'albero di Natale di Piazza San Pietro. Anche per il 2010, come ormai da tradizione da alcuni anni, l'albero avrebbe potuto essere per gli jesolani e per i turisti un augurio con un forte contenuto di gioia e di speranza in un futuro che sappia cogliere i veri valori e le aspettative nostre e dei nostri figli. Ma è anche bello pensare ad un sogno : non certo quello di Milano, in piazza Duomo, dove dal quattro dicembre all'otto gennaio, la celebre gioielleria newyorchese Tiffany & Co. avrebbe voluto allestire un grande albero di Natale, illuminato da centomila luci bianche e decorazioni di cristalli create e realizzate appositamente dal famoso marchio per questa iniziativa. Forse si, un abete rosso di 48 metri, proveniente da un'abetaia del nord ovest delle Alpi, ( rilasciato dalle autorità Forestali e, a feste concluse, restituito alla comunità forestale di provenienza e utilizzato come materia prima), sarebbe stato per Jesolo, in particolare per Piazza Mazzini, un allestimento ecologico e benefico: il ricavato dell’operazione poteva andare a qualche associazione volontaristica come l’AVO, ad esempio. Un messaggio simbolico forte per ribadire la dimensione anche etica (non solo commerciale) di Jesolo. Certo, ai piedi del grande albero non troveremmo aperto l'elegante "Tiffany Blue Box " (al cui interno è possibile trovare una boutique che vende in esclusiva alcune creazioni del marchio): più probabile trovare negozi ed esercizi pubblici (si spera aperti) per tutte le tasche, visto il momento di grave crisi economica che anche la città di Jesolo affronta. E, se la magia dell’albero di Natale, con le sue luci ed addobbi, ci porta dentro l’atmosfera del Natale, fossi nel Sindaco, proverei a mettere sotto l’albero un biglietto di ringraziamento a tutti i suoi contestatori politici che fino ad ora gli hanno dato  una notorietà insperata e a bassissimo prezzo. Haider è stato , a suo tempo, un valido regista di se stesso. Con la sua scomparsa i fari puntati su di lui si sono spenti: e come una meteora è sparito dal firmamento politico (e mediatico).Il buio, si sa, elimina le persone e le nouvelle vague dei mass media.

lunedì 6 dicembre 2010

Lettera aperta (24 giugno 2010) al Presidente del Consiglio dei Ministri, on. Silvio Berlusconi. LA TESTIMONIANZA DI UN CITTADINO QUALSIASI.

Ill.mo Presidente del Consiglio,

mi chiamo Walter Luvisotto e abito a Jesolo, dove gestisco una piccola attività alberghiera. Reputo importante inviarLe questa mia breve testimonianza (se permette, anche con valutazioni e considerazioni di merito) sul valore retroattivo di oneri derivanti dalla gestione di società di servizi (acqua, gas, elettricità, ecc.) ed imputabili,a mio avviso, impropriamente al consumatore finale (privati ed aziende).La questione pone importanti interrogativi che meritano, credo, la giusta attenzione anche da parte di chi,come lei, ha l'onere, oltre che l'onore, di governare il nostro Paese. Ringraziandola per la cortese Attenzione, le porgo i miei Saluti.

III. mo Presidente,
Gestire una piccola attività alberghiera e ricevere una bolletta di conguaglio relativa al periodo febbraio-dicembre 2007nel 2010 (importo da pagare: 2,32 €) non è cosa di tutti i giorni. Ma, cos'è un "conguaglio"? Conguaglio, è una operazione matematica ( sottrazione ) che si fa di determinati acconti, di norma pagati mensilmente in base ad una media statistica calcolata su anni precedenti (normalmente contributi o spese periodiche come la fattura del gas o dell'energia elettrica) ad un valore reale che viene presentato a fine anno contabile, ossia quello che realmente si deve, in caso che il risultato sia di segno positivo vorrà dire che si è a credito viceversa negativo che si è a debito e quindi si paga la differenza. La bolletta dell’energia elettrica, è l'esempio più evidente:una volta, per sapere quanti Kwatt/ora erano stati consumati dall’ utente, ENEL inviava tutti i mesi un tecnico presso l'abitazione del consumatore per la lettura del contatore ma ora non più .... Considerato che si è nel 2010, Enel Energia (nel frattempo si è entrati nella cosiddetta fase del "mercato libero dell'energia") per calcolare il consumo da far pagare all'utente senza inviare un tecnico tutti i mesi a fare la lettura,calcola la spesa del utente prendendo in considerazione l'ultimo anno, esempio: euro 1200 per il 2009 diviso 12 mesi = 100 euro, quindi la spesa mensile per quel nel 2010 sarà (salvo le opportune "correzioni" per aumenti) ancora 100 euro, salvo che, questo è considerato solo un acconto, e solo dopo una unica lettura di fine anno, si corregge l'eventuale differenza. Questa operazione finale viene chiamata conguaglio ( e normalmente si rivela sempre una mazzata per gli utenti che al giorno d'oggi hanno sempre meno tempo per calcolare anche queste trappole, vista la difficoltà, reale, di leggere una bolletta). Aggiungiamo, infine che per legge (ma perché si debbono tutelare certe posizioni, come quella dell'esercente e non quella del consumatore finale? Il mercato non è forse "libero"? E come tale non dovrebbe avere meccanismi di salvaguardia nei confronti dell'esercente .. ), al fine di garantire l'effettiva applicazione del criterio della salvaguardia dell'economicità e della redditività degli esercenti, le tariffe vengono determinate con riferimento ai costi. Ciò significa adeguare annualmente le componenti tariffarie relativamente alla remunerazione del capitale investito, per i servizi di trasmissione e distribuzione, ivi inclusi i relativi costi di commercializzazione. Così facendo, però, si pone l'azienda esercente in una posizione di mercato (per usare un termine, forse improprio) "dominante" rispetto all'utente finale ( l'impresa, in questo caso alberghiera) che, lavorando nel mercato, non sempre riesce ad ottenere una giusta remunerazione dei costi: implicito diventa quindi un intervento sulla propria componente tariffaria. L'esatto contrario di ciò che dovrebbe avvenire in un economia di mercato!! Oggi, si fa un gran parlare della cosiddetta "libertà d'impresa" e si vorrebbe una modifica di alcuni articoli della Costituzione. L'articolo 41, ad esempio, stabilisce che: "L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà,alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata  coordinata a fini sociali". Si vorrebbe eliminare quella "brutta"parole,"sociale", perché un impresa, usando la formula (impropria) del "siamo in un economia di mercato" non avrebbe più senso di esistere ... Se così fosse ,con le opportune "modifiche" potremmo "escludere per sempre" ogni illegittimità costituzionale non solo di qualsiasi legge tributaria retroattiva ma anche (scusi la similitudine un po' forzata) per qualsiasi conguaglio riguardante rifiuti, acqua, elettricità ecc. A mio avviso, si può parlare di iniziativa privata nel momento in cui i cittadini-contribuenti ripartiscono il reddito fra consumi e risparmi, avendo chiaro quale sia il costo fiscale e/o tariffario che debbono sopportare. Nel caso in cui si dovesse vivere nella completa insicurezza del carico sia fiscale che tariffario, questo tipo di iniziativa verrebbe a essere limitato, anche oltre il limite dell'utilità sociale. Un'imposta o una tariffa "esosa"che colpisse, anche retroattivamente, si risolverebbe unicamente in una lesione del diritto di proprietà dell'impresa; un eventuale somma di imposte dovute per il presente e per il passato, possono costringere il contribuente alla liquidazione di parte del patrimonio aziendale, con un'indubbia lesione del diritto di proprietà. Vi è poi la norma che prescrive l'annualità dei bilanci: da questa discende implicitamente l'illegittimità di qualsiasi norme tributarie retroattive,ma anche di qualsiasi tariffa tendente a remunerare ex lege i costi di esercizio delle società che esercitano forniture di servizi pubblici (acqua, gas, elettricità ecc.) in quanto esse stesse tendono a portare varianti ai bilanci approvati. Se non fosse così (eliminazione della parola "sociale") l'evidenza mostrerebbe come nuovi e maggiori tributi possono essere introdotti, con lo scopo di coprire nuove o maggiori spese che lo Stato deve sostenere. Altrettanto  inevitabilmente, quindi non si avrà variazione del bilancio, tutte le volte che la legge tributaria retroattiva e/o la tariffazione "remunerativa" sarà dettata dall'esigenza di reperire fondi per far fronte alle nuove e maggiori spese.

DISTINTI SALUTI

Walter Luvisotto

Nasce un nuovo coordinamento politico nel centrodestra: Alleanza di Centro.

 Affidiamo questo comunicato stampa nele mani sicure e affidabili di chi non ha perso fiducia e speranza nel futuro.

Non siamo cartomanti o astrologi: riteniamo però che la mancanza di un disegno complessivo e la mancanza di politiche familiari sono lo specchio della difficoltà di mettere a punto un progetto per il futuro. Mi è facile riconoscere, come coordinatore di Alleanza di Centro (ADC) a Jesolo e Cavallino-Treporti, che, nel cottatto diretto con le realtà locali,  le famiglie vivono nell’incertezza e nell’insicurezza, senza troppa fiducia nel domani. In una società complessa si può affermare con convinzione che tutto è collegato. Di fronte ad una profonda crisi economica generale, alle pesanti difficoltà delle famiglie italiane, alla perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni, ai mancati interventi di sostegno ai salari e ad una mancanza di aiuti mirati a sostenere i nuclei familiari, sicuramente la crescita demografica ne risente. Oggi i giovani hanno difficoltà a sposarsi, a trovare una casa e un lavoro, quando poi riescono a raggiungere tutto questo devono fare i conti con la mancanza di politiche mirate a sostenere la famiglia. Una mancanza che indubbiamente contribuisce al calo del tasso di natalità. La mancanza di un disegno complessivo e la mancanza di politiche familiari sono lo specchio della difficoltà di mettere a punto un progetto per il futuro. Sembra che tutti viviamo alla giornata: è necessario produrre un progetto valido a cui affidare il futuro del Paese. L'impressione, dedotta dalla stampa e dall'attività politica, è come se fossimo in continuo movimento, ma non sapessimo dove dobbiamo andare. Questo senza dubbio si riflette suli cittadini e sulla sua situazione economica. Sarebbe più utile far vedere ai cittadini che un futuro è possibile.

Walter Luvisotto
Cordinatore Jesolo - Cavallino - Treporti

Lettera al Presidente APT (20 settembre 2008). Modifica Listino Prezzi? A cosa serve?

Nella sua lettera (Prot.n. 1021/08) del 9 settembre 2008 , trasmessa per via e-mail e fax agli operatori Strutture Ricettive Alberghiere, avente per oggetto "Listino prezzi alberghiero APT 2009", vengo a conoscenza che, in accordo con le associazioni di categoria, nei listini 2009 verrà introdotta una importante modifica ., per quanto riguarda la parte relativa ai prezzi: due ampie fasce di stagionalità uguali per tutti. all'interno di ciascuna delle Quali sarà previsto un prezzo minimo ed un prezzo massimo. La decisione - si legge nella lettera- "maturata dopo approfondita riflessione unitamente alle associazioni di categoria trova le sue ragioni, oltre che nel voler ottemperare alla Legge Regionale 33, anche in una presa d'atto del cambiamento di tendenza nel modo di fare vacanza degli ultimi anni, con particolare riferimento alla concentrazione di flussi turistici durante i fine settimana, nonché dell' influenzabilità dei flussi stessi da parte di molteplici fattori, che rendono sempre piu difficile fissare dei periodi e prezzi definitivi con largo anticipo, e sempre più evidente la necessità di una maggiore elasticità nella gestione degli stessi".

Ho provato, in questi giorni, a riflettere su questa "presa d'atto" ( il riferimento ad una diversa concentrazione dei flussi turistici , è fenomeno abituale per la nostra località già da alcune decine di anni), ma non sono riuscito a cogliere il nesso tra causa ed effetto. Mi permetta una breve, quanto sostanziale premessa. Per l'albergo il prezzo della camera è uno dei momenti più delicati della formazione del prezzo che il cliente potenziale mette a confronto fra le diverse imprese ricettive. Il management di ogni singola struttura alberghiera valuta perciò, con attenzione, il livello dei prezzi minimi e massimi praticabili al pubblico nel proprio periodo di riferimento. Quali sono gli obiettivi di una strategia dei prezzi? Altrettanto ovvia la risposta: il massimo raggiungimento del profitto, l'ampliamento della quota di mercato, la permanenza nel mercato, l'eventuale ritorno dell'investimento. La tecnica insegna che per stabilire prezzi applicabili alla clientela non abituale si effettuano approfonditi esami in relazione al grado d'occupazione e in base all'andamento della domanda: più bassa è la domanda tanto minore è l'occupazione ed è più basso anche il prezzo. Con questa semplice, quanto stranota tecnica, si stabiliscono un certo numero di fasce di prezzi applicabili alla clientela non abituale. Questo, però, ovviamente, non basta come risposta utile a fronteggiare il mercato. E' necessario che l'impresa alberghiera, in generale, sia in grado di rispondere alle eventuali variazioni in diminuzione dei prezzi praticate dalla concorrenza. Le risposte possibili sono: riduzione dei prezzi, mantenimento dei prezzi, aumento del prezzo in modo da elevare la posizione dei propri servizi presso i consumatori. La Riduzione dei Prezzi può sembrare la risposta più ovvia per fronteggiare la concorrenza in quanto consente di mantenere le proprie quote di mercato. Ma le "imprese leader" non possono usare questa via poiché potrebbe essere interpretata come una caduta di qualità. In ogni caso la conoscenza del grado di elasticità della domanda è un elemento di fondamentale importanza per l'assunzione di qualunque decisione. Mantenere invariato il prezzo può essere interpretato dal mercato come un segno di forza. Ciò che si riscontra più spesso è la messa in atto di risposte basate sul mantenimento dei prezzi affiancate da politiche di intervento come una maggiore azione promozionale, il miglioramento della qualità del prodotto, l'aumento del numero dei servizi inclusi nel prezzo praticato. Il prezzo è quindi, in sostanza, lo strumento fondamentale per le strategie di marketing in quanto è la sintesi tra il valore percepito dai clienti, il posizionamento concorrenziale e il modo di comunicare e relazionarsi con i clienti. Un marketig-mix dei prodotti e dei servizi ha pertanto bisogno di una strategia dei prezzi (la pubblicazione di un listino prezzi da parte di una  azienda pubblica di promozione è dunque un evento indispensabile ed importante sia per l'albergatore che per il cliente stesso) che utilizzi, con una struttura più complessa e guidata da molteplici parametri, tutte le possibili forme di differenziazioni in base ai segmenti della clientela. La differenziazione dei prezzi per tipologia/segmenti di clientela (ma anche, a maggior ragione,la differenzazioe di offerta alberghiera) sfrutta così le diverse percezioni di valore attribuite dai clienti ai servizi erogati e quindi le diverse forme di "personalizzazione" applicate. Le politiche di prezzo differenziato consentono, inoltre, di sfruttare la redditività potenziale perduta da due tipologie di clienti: quelli che non acquistano i prodotti o i servizi perché hanno fissato il loro punto di equilibrio valore/prezzo ad un livello più basso di quello offerto; quelli che sarebbero disposti a vendite spendere anche di più del prezzo fissato Redditività perché hanno una percezione del valore del servizio più alta di quella stimata. A questo punto è particolarmente calzante ed evidente il concetto di segmenti, come avviene anche nel trasporto aereo: business traveller, leisure traveller, e di categorie o classi, first, business, turistica, così come è ormai accettato il concetto di tariffe differenziate in funzione di regole precise. Qui la disponibilità totale dei sedili viene suddivisa in classi tariffarie: first, business, , full fare, apex, superpex, flat, in base a una percentuale dettata da un sistema di gestione del "rendimento". Questo sistema funziona in base alla presenza delle cosiddette barriere tariffarie che impediscono il trasferimento dei clienti da una classe elevata ad una classe inferiore; la tariffa aerea apex, per esempio, è applicabile solo se si soggiorna la notte del sabato nella destinazione finale. La creazione e l'accettazione quindi da parte del cliente di queste barriere tariffarie, è la condizione necessaria per lo sviluppo di una gestione di sistemi di rendimento nell'industria alberghiera. Questo è il quadro, a mio modo di vedere, nel quale dovrebbe inserirsi, complessivamente, la nostra offerta alberghiera. Fino ad ora, invece, si è proceduto, in modo "dirigista" (non valutando le opportunità offerte dal mercato). Un esempio su tutti. Si è affermato, in tempi precedenti all'elaborazione del Master Plan di Kenzo Tange, ad esempio, che le strutture alberghiere ad una e due stelle (per quanto, poi, possa valere la classificazione alberghiera e la collocazione topografica: terza linea?Seconda linea? Rispetto a cosa? Al Frontemare?) fossero strutture che in termini di presenze e di offerta qualitativa dovessero essere necessariamente destinate a svincolo alberghiero. Potremmo essere tutti d'accordo (la riflessione del sottoscritto, però, non va alla "cosa" ovvero alla "struttura" ma a chi la gestisce che, in fondo, rappresenta il maggior "bene" dell'azienda stessa.). Ma perché, ora, la riconversione, ha "superato" (da tempo) Via Bafile? Ci sono alberghi a tre stelle (magari frontemare) interessati a svincoli di destinazione d'uso? Beh, se fosse così, non potremo più parlare di crisi  di "alberghi di un certo tipo" (leggi alberghi ad una o due stelle) ma di crisi dell'intero comparto turistico. Veniamo alla questione relativa alla pubblicazione dei prezzi. Mi pare si possa affermare, vista la premessa, che l'elasticità non c'entra nulla con il fatto di pubblicare dei prezzi in base a due stagioni (erano opinabili, d'accordo, anche quelle "intermedie" precedenti). Mi pare, anzi, che si voglia negare quel principio di mercato che è la segmentazione stessa della clientela. Chi riempirà quel tariffario, sarà portato, giocoforza, ad identificare il massimo applicabile per la bassa stagione con il minimo applicabile per l'alta stagione. Come dire: il prezzo del mio albergo va da 20,00? (minimo bassa stagione) a 45,00 ?  (massimo alta stagione). Da un punto di vista dell'informazione turistica, non ho offerto alcun "servizio". Il cliente sarà costretto (forse) a telefonare. Alla fine vincerà la consapevolezza del cliente che, vista  la dinamica inflazionistica, cambierà i suoi comportamenti al consumo con evidenza pragmatica: il cliente, alla fine, è un attore sempre più informato nelle proprie scelte, difficilmente indirizzabile e distaccato dagli stereotipi della subalternità al sistema. Ma, tale sistema di pubblicazione dei prezzi, non rende neppure un servizio all'offerta turistica. Questo "sistema" tariffario" determina infatti due condizioni. La prima. Gli alberghi, da un punto di vista tariffario risultano più omogenei (e non possono più rivendicare a se le politiche reali di pricing). La seconda, forse, a mio modo di vedere, la peggiore, introduce una forma di concorrenza sleale tra alberghi, anche tra categorie diverse. Come dire (utilizzando, la "distinzione" un po' dirigista tra "frontemare" e albergo in "terza linea"): l'albergo frontemare potrà applicare prezzi "vicini" a quelli del due o tre stelle in terza linea. Viene a mancare, per così dire, la "barriera tariffaria" che impedisce il trasferimento dei clienti da una classe elevata ad una classe inferiore  L' azienda alberghiera ad una o due stelle praticamente non ha alcuna possibilità di allontanarsi dal prezzo d'equilibrio (quello individuato tra il massimo della bassa stagione e quello minimo dell'alta stagione). Se l'offerta è ad un prezzo superiore, non avrà clienti, se è ad un prezzo inferiore, riceverà tutta la domanda che non riuscirà a soddisfare.

giovedì 2 dicembre 2010

Il mistero della croce e la dignità umana.Lettera aperta ai direttori dei principali quotidiani (30 maggio 2008) dopo la "provocazone" (?) di un artista in Piazza Mazzini.

Qual'è il "mistero" della croce? Per un fedele, il suo insegnamento è la sua immutata verità. Per il laico è il rispetto della vita umana. Non mi intendo di "performance artistiche": molti, distrattamente, si sono soffermati ad osservare questa ennesima "provocazione". Una croce, con la sitta "torno subito", un percorso sulla sabbia di piedi insanguinati (presumo quelli del Cristo), fiori distrutti e candele (con offerta) a testimoniare (forse) la preghiera e la devozione. Non conosco l'arte e quindi, non posso giudicare quel "significato" che tale opera dovrebbe avere. Mi è, però, piaciuta la "performance" del vigile urbano (anziano) che, quasi con un atto di pietà, toglie la scritta (appesa) "torno subito". In quel gesto, solo la genuina coerenza del "credente devoto" (molti, pensando di eludere il rapporto con il sacro, hanno sorriso ironicamente, quasi fosse una piece teatrale..). Poi, però, è arrivata la telefonata dell'Amministrazione(il vigile urbano, quasi pudicamente, ha avvisato la gente presente..) che informava sull' "autorizzazione" della manifestazione. Il vigile ha riposto, malinconicamente, il cartello "torno subito" al suo posto e se ne andato.Piazza Mazzini, Jesolo, un pomeriggio qualsiasi.

C'è un auto qua devi metterla là..Lettera aperta al Sindaco di Jesolo (11 agosto 2008)

Egr.Sig.SINDACO,
Un albergatore offre servizi alla sua clientela. Quando però possiede un limitato numero di posti auto o bus è quasi “costretto” (dopo aver verificato prezzi e disponibilità dei parcheggi esistenti) a chiedere al cliente di “cercarsi” un posto auto. Ci si imbatte così nelle strisce blu (ma sono aree di sosta o parcheggi, visto che non si capisce se la stessa sosta ha un massimo consentito? Con una sosta massima di 4 ore, ad esempio, si incentiva la sosta di lunga durata, svantaggiando così i parcheggi…) o in parcheggi a pagamento (ma, il contratto di “posteggio” va qualificato come contratto atipico, da ricondurre nello schema generale del contratto di deposito, ex art. 1766 c.c., che impone al depositario l’obbligo di custodire la cosa con la diligenza del buon padre di famiglia e di riconsegnarla nello stato in cui è stata lasciata, oppure è una semplice messa a disposizione di uno spazio per lo stazionamento del veicolo, con la conseguenza che il contratto stipulato è assimilabile alla locazione?) oppure in tanti divieti di sosta (I segnali devono essere percepiti tempestivamente, letti correttamente, in modo inequivocabile ed in tempo utile perché l'efficienza e la sicurezza della circolazione dipendono anche dalla qualità delle informazioni che sono trasmesse all'utente della strada. L'utente deve infatti poter disporre di tutti gli elementi necessari per operare le sue scelte dipendenti dal messaggio ricevuto dalla segnaletica. Per conseguire questo risultato occorre studiare attentamente ogni segnale in relazione alla sua collocazione affinché il messaggio trasmesso sia facilmente comprensibile). In questa difficile situazione, è facile che, chiunque, possa imbattersi in una qualsiasi violazione del codice della strada. E’ capitato anche ad un mio cliente. Mi si e accesa una lampadina e ho rilanciato: perché non pagare la multa al cliente? Un modo per far digerire la multa ai poveri clienti (e turisti)  ma, anche un modo come un altro persuadere la politica (che amministra)  ad effettuare una pausa di riflessione (con relativo blocco delle contravvenzioni) .Da sempre gli albergatori dicono che il turismo si basa sul sorriso. Serve agli albergatori per farsi benvolere dai clienti ma può anche servire ai turisti nei confronti della citta che li ospita. E' evidente che chi prende una multa (qualche volta anche giustamente), si arrabbi ma, solidarizzando ogni tanto con il turista decisamente si arrabbia di meno. Ai  vigili abbiamo sempre chiesto di far rispettare le regole ma di intervenire solo dove e necessario. Sappiamo tutti che Jesolo soffre cronicamente, in estate, del problema dei parcheggi. Una nota, infine sui servizi pubblici resi ai turisti (e cittadini). L’articolo 7 del C.d.S consente all’Amministrazione Comunale di realizzare parcheggi a pagamento a condizione che vengano contemporaneamente realizzati, nelle immediate vicinanze, parcheggi gratuiti. Anche autorevole giurisprudenza (Cass. SS.UU. n.116/2007) ha già inaugurato un orientamento che stigmatizza come illegittima la violazione, da parte dei Comuni, dell’”obbligo di istituire zone di parcheggio gratuito e libero in prossimità di aree in cui è vietata la sosta o previsto il parcheggio solo a pagamento”. Non solo. Ma che, in definitiva, “i provvedimenti in forza dei quali sono stati istituiti i parcheggi a pagamento per cui è causa, sono meritevoli di annullamento, siccome viziati da eccesso di potere per carenza istruttoria e difetto di motivazione." La domanda è d’obbligo: un turista (ma anche un qualsiasi cittadino) ha diritto, da parte dell’Amministrazione Comunale (soggetto che specificatamente sovrintende ai servizi pubblici) al diritto fondamentale della qualità del servizio? Esiste una carta dei servizi pubblici che in qualche modo tutela il turista (e il cittadino)? Esiste, in sostanza, uno strumento che impone all’Amministrazione Pubblica di impostare in modo radicalmente diverso l’erogazione dei servizi? Se questo deve avvenire, lo si deve realizzare in funzione degli utenti (cioè i turisti) e non in funzione dei dipendenti pubblici. Del resto, una carta dei servizi assolve indubbiamente anche al compito di dare voce all’utente stesso. Soddisfare le esigenze del pubblico non è solo scrivere un documento formale ma assolvere al “patto” con i cittadini (ed i turisti), garantendo prestazioni informate a parametri qualitativi (e quantitativi) prefissati e verificabili.

Fw: Le dipendenze alcoliche dei giovani: in cammino con loro testimoni di gioia e speranza.Lettera Aperta (11 settembre 2008) al Patriarca di Venezia.

EMINENZA,

Non dovrebbero bere affatto. Eppure lo fanno durante tutta la settimana, e nel fine settimana addirittura esagerano. Il sabato sera i ragazzi italiani "alzano il gomito": il 67% non rinuncia ai drink nonostante abbia un’età compresa tra i 13 e i 15 anni. In media mandano giù quattro bicchieri: 1,5 di breezer o aperitivo alcolico, 1,5 di birra e uno di superalcolico. E se i maschi si lasciano andare al drink senza problemi, le ragazze li seguono a ruota. È infatti in aumento il consumo tra le giovani, che consumano 3 bicchieri in media, appena uno in meno dei coetanei di sesso maschile. I giovani italiani ‘alzano il gomito’. Il 74%, e nello specifico il 67% dei 13-15/enni, beve il sabato sera. Di questi, il 20% si ubriaca nel fine settimana. È quanto era emerso dalla ricerca finanziata dal Ministero della Salute e condotta nelle discoteche dal Centro collaboratore dell’Oms per la promozione della salute e la ricerca sull’alcol, presentata oggi in occasione dell’Alcol prevention day 2007′. Il trend è in forte crescita nel corso degli ultimi anni.“A preoccupare sono soprattutto le adolescenti, vulnerabili, psicologicamente parlando, agli effetti negativi dell’alcol”. Tra i teenagers risulta sempre più diffuso il fenomeno del ‘binge drinking’, cioè bere per ubriacarsi sei o più bicchieri in una volta, come anche l’abuso fuori pasto e le ‘happy hours’: queste abitudini incrementano del 70% il rischio del ricorso dei giovani al pronto soccorso. L’indagine rivela che il sabato sera è il momento dedicato dai giovani all’alcol in discoteca o nei pub beve il 74% dei ragazzi, e nel dettaglio l’83,4% dei giovani tra i 16 e i 18 anni, il 67% tra i 13 e i 15 anni, il 66,7% tra i 19 e 24 anni, il 64,2% dai 25 anni in su’. Ma anche di venerdi e’ di domenica i consumi, seppure inferiori, non sono bassi: bevono il 34,6% dei ragazzi e il 19,2% delle ragazze il venerdi’ e, rispettivamente, il 19,8% e il 14,6% la domenica. Nell’atteggiamento degli adolescenti italiani influisce negativamente la televisione: “Fiction e pubblicita’  mostrano il bere in un contesto di normalità e sempre più spesso lo associano ad immagini di successo, anche attraverso il ricorso a testimonial d’eccezione che tanta influenza hanno sui giovani. Nel corso del workshop promosso dall’Istituto Superiore di Sanità era stato diffuso anche il dato riguardo alla mortalità causata dall’alcol. Ogni anno in Italia circa 25 mila decessi sono associati all’alcol e riguardano più di 17 mila uomini e circa 7 mila donne. Il tasso di mortalità legato all’alcol e’ di 35 decessi su 100 mila abitanti per i maschi e di 8,4% decessi su 100 mila abitanti per le donne. Circa il 10% dei decessi registrati sono da ritenersi, secondo gli esperti, decessi prematuri causati dall’alcol (l’11% tra i maschi e il 5,2% tra le donne).Le condizioni che presentano la più elevata frequenza di mortalita’ alcol-attribuibile sono la cirrosi epatica e gli incidenti. Per i decessi da cirrosi epatica il 47,7% per i maschi e il 40,7% per le donne sono attribuibili all’alcol; analogamente, il 26,35% e l’11,4% di tutti i decessi che riconoscono la causa di morte in un incidente sono alcol correlati. Attribuibile all’alcol anche il 5,31% di tutti i tumori maligni maschili e il 3,01% di quelli femminili. Dagli studi del Centro Oms per la ricerca sull’alcol dell’Istituto Superiore di Sanità appare che gli italiani stanno abbandonando il cosiddetto ’stile mediterraneo del bere’, cioè il consumo, in particolare di vino, durante i pasti. Lo ’stile mediterraneo’ e’ rispettato dalle donne e dagli anziani e da meno del 50% dei maschi adulti. Il 70% delle donne assume a modello del bere quello tradizionale, legato ai pasti. Coloro che bevono lontano dai pasti sono soprattutto i giovani, in particolare tra i 18 e i 24 anni. D'altra parte per un ragazzo il bere ha un valore simbolico e psicologico, così come per il primo pacchetto di sigarette. E' la sensazione di entrare in questo modo nel mondo degli adulti, di sentirsi più liberi e indipendenti. L'alcol diventa quasi una «pozione magica» che ti dà senza sforzo quell'extra di cui hai bisogno per sentirti forte, coraggioso, super. Quasi sempre l'iniziazione alla bottiglia avviene in gruppo, dove ogni adolescente trova risposta al suo bisogno di socializzare, di evadere, di costruire la propria identità. Insomma i ragazzi bevono per sentirsi grandi, abusano di alcol per essere accettati dal gruppo, si ubriacano per essere trasgressivi e muoiono, perché non sono più padroni di se stessi. L’abuso di alcol provoca comportamenti devianti e violenti, suicidi, crimini familiari, esclusioni sociali e di incidenti stradali mortali (le cosiddette stragi del sabato sera). Le cause? Molteplici. Tra cui il disagio esistenziale e la fragilità psicologica di chi affronta l’insostenibile leggerezza della propria vita con mezzi pericolosi come l’alcol. Il fatto poi di vivere in una società consumistica, che spesso ti mette a disposizione il denaro ma non l’educazione ai valori facilita l’abuso alcolico. E la pubblicità? Inutile nasconderlo. E’ un martellamento pressante, subdolo, suadente, senza scampo. Fatto sui  figli di una cultura edonista, radicale e individualista, dove i desideri sono  legge, dove prospera la cultura del rischio e del tutto è lecito, dove l’imperativo è la libertà di auto/determinazione… fino all’autodistruzione! Una cultura religiosamente indifferente, dove l’adorazione dell’io ha scalzato l’adorazione di Dio. La sfida è proprio quella dell’educazione al valore della propria libertà  fino al corretto e responsabile comportamento davanti al bicchiere da bere, per non  correre il pericolo di essere ‘bevuti’ perdendo così la propria dignità e la vita. Da tempo in Italia si sta combattendo, anche a livello istituzionale, una dura lotta contro l’alcol  e il suo abuso da parte, soprattutto, dei giovani: a questo scopo era entrata in vigore una legge che proibiva la vendita (a chiunque) di alcol dopo le due di notte per limitare gli incidenti. Con un provvedimento che ha fatto  molto discutere il comune di Jesolo, in accordo con la regione, ha deciso di “abolire” (con lo strumento della deroga) questa impopolare (e secondo molti inutile) legge in cambio però di un inasprimento e maggioramento dei controlli alcolemici fuori dai locali e per le strade nelle vicinanze: in pratica, in cambio di controlli si è permessa (così mi è parso di capire) , una tranquilla vendita di alcolici (senza conseguenze) fino a ben oltre le due di notte, precedente limite di legge. Le polemiche ovviamente non sono mancate e molti hanno fatto notare (anche a mezzo stampa) come questo sembri un provvedimento fin troppo a favore dei commercianti e dei padroni dei locali; dall’altra parte si fa notare (un po’ leziosamente forse) come la legge finora in attuazione non abbia diminuito granchè il numero degli incidenti in quanto i metodi per bere comunque c’erano e venivano continuamente utilizzati in ogni caso. Mi è sembrato utile richiamare l’attenzione della Chiesa e, più in generale, di tutti i cittadini “armati” di buona volontà su un problema specifico che ai nostri giorni s’impone con somma urgenza all’attenzione della nostra città, che “vivono” di turismo (l’accento non si pone mai su come ci si diverte ma, al contrario, sulle aziende turistiche che “rischiano di perdere” circa 2,5 miliardi di consumi equivalenti a 50 mila posti di lavoro). Jesolo, si è, quindi, “attrezzata” per ottenere le deroghe, previste dalla stessa legge veneta a fronte di iniziative di prevenzione e programmi di sicurezza stradale. Si è, poi, passati alla raccolta di firme per cercare di fare cambiare la legge che fissa alle due di notte il limite massimo per la vendita degli alcolici. Iniziativa che è condotta dall'associazione Liberamente Veneto, appoggiata dal Silb, il sindacato degli imprenditori della notte, e dalla Confcommercio. Un atteggiamento tipicamente liberal (“vietato proibire”) ma niente affatto ragionevole dal punto di vista del buon senso. La raccolta di firme rappresenta più una “partecipazione simbolica” ai problemi dei giovani. E non rappresenta neppure l’intima convinzione di chi l’alcol, poi, lo vende. L’ alcolismo, per l’intrinseca loro gravità e per la devastante estensione, è un fenomeno che minaccia le future generazioni ,incrinando le sue più profonde ragioni di speranza per il futuro che, per esser tale, deve essere in grado di fornire una speranza nella vita. Col passare degli anni, inoltre, il fenomeno dell’alcolismo, s’è allargato a dismisura, ed oggi noi ci troviamo di fronte a piaghe sociali insidiose e capillarmente diffuse, dove sembrano forti le ragioni che riducono ad abbandonare ogni speranza. L’alcolismo, come le tossicodipendenze, è un fenomeno di vastità e proporzioni terrificanti.  Non si può parlare della “libertà di drogarsi” ne del “diritto a bere”, perché l’essere umano non ha il diritto di danneggiare se stesso e non può ne deve mai abdicare alla propria dignità personale. Il bere eccessivo, fino all’alcolismo non solo pregiudicano il benessere fisico e psichico, ma impediscono alla persona di essere parte attiva nella società. Tutto ciò è ancor più grave nel caso dei giovani. Perché l’età dei grandi ideali di onestà, lavoro, sacrificio  e di amore sincero e profondo verso gli altri debbono essere sciupati dall’ esperienza illusoria (e, spesso tragica) del bere? Non si può combattere il fenomeno dell’alcolismo ne si può condurre un’efficace azione per la guarigione e la ripresa di chi ne è vittima, se non si ricuperano preventivamente i valori umani dell’amore e della vita. Spesso ho la sensazione che le istituzioni siano pervase da un  senso di estraneità: non si può essere indifferenti , né considerarsi assolti semplicemente perché si sostiene l’azione del volontariato, si fanno piani sanitari contro l’alcolismo o, peggio, si legifera con vecchie ed obsolete norme proibizioniste: forse utili al bisogno, ma  inevitabilmente insufficienti. Il “solo” legiferare significa non aver compreso che una norma ha solo carattere prescrittivo se la stessa non guarda con fiducia alla vita!! Alla Chiesa e ai suoi Pastori spetta il delicato compito di operare sul piano morale e pedagogico, intervenendo nel dibattito pubblico con grande sensibilità in questo settore specifico. Evangelizzazione della realtà giovanile, una nuova pastorale per i giovani che occupi tutti gli ambiti occupati dagli stessi, con l’impegno di parlare la lingua dei giovani, cioè a riformulare attraverso il linguaggio il messaggio perenne del Vangelo.  Alle Pubbliche Amministrazioni, alla politica e ai suoi rappresentanti (rigorosi e competenti nelle scelte di governo) vanno il compito di impegnarsi in una politica seria, intesa a sanare situazioni di disagio personale e sociale, tra le quali spiccano la crisi della famiglia, principio e fondamento della società umana, la disoccupazione giovanile, la casa, i servizi socio-sanitari, il sistema scolastico.

COMMENTO A MARGINE DEL CAP.6 e 7 su alcune considerazioni pubblicate da "Il fenomeno degli outlet e l'impatto sul tessuto economico locale derivante dal loro insediamento" (quaderni Confcommercio)

Un aspetto da non trascurare nell’osservare il fenomeno degli outlet è indubbiamente la valutazione delle conseguenze che la localizzazione di un FOC (strutture commerciali complesse extraurbane di oltre 10.000 mq di superficie, ad architettura esperenziale che concentrano spazialmente dei punti vendita monomarca e autogestiti,caratterizzati da un assortimento speciale – fisso nella marca, ma variabile nelle referenze – ad un prezzo ribassato rispetto a quello del dettaglio tradizionale urbano) provoca sul territorio di riferimento e soprattutto, sulle attività economiche e produttive dell’area. Una valutazione che deve essere effettuata tenendo presente lo stretto legame che da sempre lega il commercio con le dinamiche urbanistiche, con particolare riferimento alle sinergie, alle opportunità, ma anche alle problematiche, che si vengono a creare con l’insediamento di queste grandi strutture di vendita, ponendo in particolare l’accento sugli effetti sociali, economici ed ambientali derivanti dalla loro localizzazione. Commento: E’ stata effettuata consapevolmente una attenta valutazione sulle problematiche inerenti all’insediamento di outlet e/o centri commerciali e sugli effetti, positivi e negativi,  che queste avranno sul commercio al dettaglio?
6.1 Esperienze di impatto positivo
In generale è possibile affermare che le esperienze di questi anni, legate alla presenza di Outlet o di grandi insediamenti commerciali, che sembrano raccogliere consensi, riguardano alcuni aspetti quali la rivitalizzazione dell’area ed i benefici economici che ne derivano a cominciare dal positivo impatto occupazionale. L’insediamento di un FOC pone problemi ed opportunità che devono essere adeguatamente valutati con la consapevolezza che detto insediamento avrà effetti sulle attività economiche preesistenti e sulla loro evoluzione futura, in termini sia di viabilità, che di tutela delle risorse naturali, di qualità della vita e di abitudini di consumo. L’apertura di un Outlet in zona extraurbana, potrebbe infatti determinare un ridimensionamento del commercio al dettaglio, soprattutto nelle zone periferiche di minore pregio.…L’aspetto concorrenziale è, infatti, rinvenibile nel fatto che l’outlet offre una nuova occasione di visita e di fare shopping, meglio raggiungibile dei centri commerciali dell’area metropolitana. Ciò può pertanto distogliere determinate categorie di utenti, quali i giovani o i curiosi, dalla frequentazione delle aree centrali stesse, con la ovvia conseguenza di un calo dei consumi in queste ultime.
Per quanto riguarda invece le zone centrali della città, queste tendono a subire il cosiddetto “processo di riqualificazione” ovvero si innesca una spinta del commercio locale a difendersi dalla concorrenza dei grandi centri extraurbani attraverso una maggior specializzazione, dando luogo a piccoli distretti specifici che possano rivolgersi più direttamente ai residenti. Commento:  Un qualsivoglia Pubblica Amministrazione e/o Associazione di categoria ha, in qualche modo, a fronte di possibili opportunità di crescita del commercio locale, ha mai fornito stimoli o, quantomeno persuaso i “piccoli” esercizi commerciali, fornendo altresì gli strumenti, a crescere offrendo maggiore innovazione nel servizio?
Ovviamente tale effetto dipenderà molto da quanto le imprese locali saranno in grado di riqualificarsi al fine di fornire servizi specializzati, ma è certo che si trova a stimolare gli operatori delle aree urbane centrali (ed un po’ a tutti gli esercizi commerciali e di somministrazione) ad una maggiore innovazione nel servizio ed una attenzione più centrata sul consumatore. Un ulteriore effetto negativo da tener presente è che l’apertura dell’outlet potrebbe portare ad una riduzione del fatturato e di forza lavoro nei negozi del centro ma soprattutto in quelli periferici.

Cap.7. LE RISPOSTE DEL TERRITORIO ALLA LOCALIZZAZIONE DI UN FACTORY OUTLET CENTER: LE SOLUZIONI GIÀ ADOTTATE A LIVELLO REGIONALE

Alla luce di quanto analizzato relativamente all’impatto che la realizzazione di un outlet provoca sulla tessuto economico e locale del territorio di insediamento si vogliono anche evidenziare alcune soluzioni a cui in generale le istituzioni, e tutte le parti sociali interessate dal fenomeno del FOC, dovrebbero volgere affinché quest’ultimo non si ponga in contrasto con il commercio locale, ma si configuri anzi come una possibilità di sviluppo e integrazione di entrambi. Data la trasversalità degli impatti che l’insediamento di una struttura di vendita come il factory outlet center provoca sul territorio diviene, dunque, essenziale individuare strategie ed iniziative efficaci, affinché si possa migliorare la complementarietà tra la rete commerciale esistente e l’impatto del fenomeno outlet.Commento: le Istituzioni e le Associazioni, in concertazione, forniscono le soluzioni.
Alcune esperienze già realizzate in Piemonte ed in Toscana soprattutto, hanno dato prova della effettiva opportunità di creare una comunicazione integrata,simmetrica e capillare tra il sistema dell’outlet e quello della rete commerciale esistente.
Le soluzioni sono passate attraverso:
1. il ricorso alla concertazione nella gestione di politiche settoriali e la creazione di appositi luoghi istituzionali per l’ideazione delle politiche di sviluppo territoriale;
2. la riorganizzazione del commercio urbano attraverso il potenziamento dei
Centri commerciali naturali;
3. l’integrazione con altri segmenti commerciali;
4. l’integrazione con le politiche per il turismo;
5. la formazione
6. la riqualificazione urbana Commento: Soluzioni Individuate!!
Cap7.1 L’Esperienza del PIEMONTE
L’esperienza del Piemonte ha visto instaurarsi un forte coordinamento della pianificazione territoriale ed urbanistica che ha prodotto forme di collaborazione volontaria dei Comuni per individuare strategie condivise per lo sviluppo dei propri territori.
Sono state avviate:
a)relazioni di tipo verticale (intendendo per esse le relazioni tra Stato, Regione ed enti locali) in un campo di intervento in cui le esigenze di coordinamento tra i diversi livelli di governo risulta cruciale per ragioni sia di efficienza che di equità distributiva;
b) relazioni di tipo orizzontale (intendendo per esse le relazione tra politica territoriale e politiche di settore) nella pianificazione territoriale;
Ma di grande importanza sono state anche le caratteristiche principali dei processi decisionali nelle politiche territoriali e il ruolo che hanno avuto riconosciuto i diversi stakeholders (attori pubblici e privati):
La complessa attività di concertazione e stata svolta in sedi e contesti istituzionali diversi. Un primo tavolo negoziale di natura partenariale è stato costituito dalla giunta comunale di Serravalle con le rappresentanze di categoria del commercio. Un secondo tavolo fu invece teso a realizzare forme di coordinamento interistituzionale e fu promosso dalla Provincia di Alessandria nell’intento di trovare un accordo tra i Comuni territorialmente interessati, cui spetta un parere non vincolante per la decisione definitiva (Novi Ligure e Gavi si pronunceranno contro l’iniziativa). L’impatto del Foc, valutato a seguito dell’insediamento dell’Outlet ha visto nell’area del novese, il diffondersi di numerose iniziative di sviluppo a carattere insediativo.Molte iniziative sembrano un po’ casuali nella scelta, come se fossero dettate principalmente da una esclusiva competizione nell’allocazione di nuove risorse economiche e finanziarie.Il comune di Serravalle non ha subito almeno apparentemente grandi mutamenti o trasformazioni in seguito alla nascita del FOC. Di recente, così come testimoniato dal responsabile dell’area urbanistica del Comune, sono aumentate le richieste di concessioni edilizie per l’area nei pressi dell’Outlet, lungo la strada Novi/Serravalle,dove dovrebbero sorgere strutture abitative destinate soprattutto al personale impiegato nel centro.