Vivijesolo, nella presentazione del libro dell’ex-sindaco Renato Martin “I tremila giorni che hanno cambiato Jesolo” ( martedì 21 dicembre ore 20.30 c/o sala Tiepolo del Kursaal di Piazza Brescia) , così lo descrive: “Un libro che non è un programma elettorale, né un testamento politico, ma più semplicemente il risultato di una lunga chiacchierata tra vecchi amici…..una lunga stagione politica segnata da una stabilità di governo senza precedenti…l’uomo che con le sue scelte, condivise o meno, ha strappato la città dal totale immobilismo politico ed amministrativo”. Come dire: anche la storia di un libro di memorie dello “scomodo” ex-sindaco , può essere utile per restituire alla città, la trama che ha caratterizzato le sue “trasformazioni urbanistiche”. Può però anche accadere che cultori della memoria e non (tra cui gli stessi antagonisti politici dell’ex sindaco) prendano le distanze dai suoi luoghi, dai suoi miti, dai suoi simboli ovvero dal titolo (e dai contenuti) del libro, fosse anche seducente e innovativo, allo scopo di scolorire i contenuti nell´indistinto dello stereotipo. Che, poi, la formula dell’intervista assomigli più ad una sorta di tapis roulant tra le diverse memorie (quasi fosse una sorta di percorso turistico- culturale) piuttosto che utilizzare la solita liturgia memoriale,poco importa. Quello che ritengo sia più importante è che la storia di una città non si trasformi (senza che questo porti ad una sconfessione né dei contenuti del libro né dei citati “cultori”) in una sorta di abuso della memoria: scavare irrimediabilmente un solco tra storia (il PRG è ormai approvato) e discorso pubblico (elemento di discrimine politico) con generici ed anarchici fai-da-te, vuol dire relativizzare il senso stesso della storia; ogni asserzione del passato vale l´altra e tutte sono ugualmente indimostrabili e insignificanti. E tale cortocircuito , iniziato con la questione dell’Inno di Mameli suonato all’inizio di ogni consigli comunale, è destinato a esplodere nel centocinquantesimo anniversario dell´unità d´Italia, su cui sono già cominciati i cannoneggiamenti antirisorgimentali: il Risorgimento come congiura massonica? L’unificazione italiana come imposizione della corona inglese? Tutto può indurre a ricercare tardive vendette e “risarcimenti” ideologici . Fare “politica” della memoria non potrà mai sostituire la storia con una antistoria : si può solo rendere, tutti, ancora più confusi, disancorati, poveri di autostima. E sostanzialmente incapaci di pensare ad una nuova (quanto entusiasmante) narrazione del futuro prossimo. Così, se i pro Master Plan prevalsero sui contro - questa è storia – non possiamo certo portarceli dentro per farli esplodere poi. A fronte di un discorso pubblico (leggi politica) impazzito, di un proliferare di memorie e di soggettività, un “inseguimento” delle proprie ragioni, spesso di bassa cucina politicante, la storia dovrebbe continuare ad esercita il suo mestiere, in una crescente divaricazione tra senso comune e risultato finale. Il libro dell’ex sindaco Martin (mi auguro naturalmente che non lo sia) vuole essere la dimostrazione di uno sbriciolarsi dell´oggetto iniziale,il Master Plan, in contrapposizione della messa in dubbio della realtà politica attuale,caratterizzata da un discorso politico labile e fuggevole? Il libro è una sorta di prefazione al ritorno sulla scena politica del “Principe” Renato Martin , quasi volesse avocare a sé il potere di stabilire quel che la storia avrebbe dovuto raccontare? Non ho nulla contro il ritorno degli ex della politica. Ma è altrettanto vero che i “ritorni” si giovano, in genere, di fenomeni quali l’eclissi del sociale, la corrosione della democrazia, l’avanzare dell’antipolitica populista, la fine dello stato sociale e, perfino, dell’incapacità di governare l presente da parte della politica. Il noto medievista italiano Giuseppe Sergi ha scritto un bel libro dal titolo “Antidoti contro l’abuso della storia”. Perché la storia non si può solo usarla: se ne può addirittura abusarne, e a differente titolo: magari nelle ricostruzioni proposte. Solo la storia che guarda al presente in funzione del futuro è utile per la società: tentare di mistificare il passato per scopi politici equivale a trasformare la storia in una sorta di fiction cinematografica o televisiva. Pseudo storia, appunto.
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