Andrea Bafile, militare italiano, tenente di vascello della Regia Marina, insignito della medaglia d’oro al valor militare alla memoria…. Per anni molti cittadini jesolani si saranno imbattuti , frequentando Piazza Brescia (a Jesolo) , in un busto (dedicato ad Andrea Bafile) posto in posizione baricentrica rispetto alla piazza,:… Bafile ?! Chi era costui? Probabilmente nessuno si è mai posto tal domanda. Anzi, molti saranno rimasti indifferenti … Ma le cose cambiano solo quando il busto sembra “sparire” per fare posto ad una “nuova” Piazza… Ogni giorno per molti (forse oggi, pochi) quel nome, Bafile, all'apparenza così normale, rappresentava il simbolo di tutti coloro che per noi hanno combattuto soffrendo e di cui ingiustamente si è persa la memoria. Probabilmente qualcun altro, invece, si sarà chiesto che senso abbia commemorare un personaggio come Bafile, autore di imprese più o meno condivisibili. Forse la risposta sta nella “scomparsa” (forse temporanea) del busto dalla Piazza. Già, la piazza.
La piazza, come luogo fondamentale dell’incontro e dello scambio, in cui si intrecciano cultura e storia, simboli e tradizioni: centro vitale della città, rappresenta una sorta di palcoscenico dell’identità e del senso di appartenenza di una comunità. Uno spazio pubblico privilegiato, quindi, separato e distinto, portatore di significati culturali e di funzioni peculiari. In quanto “scena” della vita collettiva è anche costruzione “ideologica” di miti e riti della strategia del potere. La questione del rapporto tra la piazza e il potere politico nella storia di questo Paese rappresenta una sorta di “destino strutturale” degli spazi cittadini:la piazza come luogo in cui il potere pubblico fa mostra di sé, si ostenta al popolo; la piazza, in quanto spazio “simbolico del popolo che agisce, si raduna, si riconosce e si mostra. La “conquista della piazza” ad opera delle masse popolari, innescata dalla “primavera dei popoli” del 1848, si proietterà nei decenni successivi in Italia, in particolare dopo il compimento del Risorgimento con l’unificazione nazionale guidata dalla dinastia monarchica dei Savoia. E tuttavia, nell’Italia liberale post-unitaria, sarà lungo e difficoltoso il riconoscimento di una piena legittimazione dei movimenti sociali e delle forze politiche che si propongono come “contropotere” rispetto all’assetto politico esistente. La modernizzazione tumultuosa ha trasformato tante piazze in anonime aree di parcheggio: in realtà, in questi ultimi anni di questo nuovo secolo, l’uso politico della piazza ha, in una certa misura, ripreso forza e vitalità, in quanto si è voluto “fondere” la piazza mediatica con quella reale. Si può affermare, senza ipocrisie, che l’utilizzo di architetti di fama internazionale (i cosiddetti "archistar") per la riqualificazione delle piazze italiane (in questa modernità o post-modernità che tende a mettere in discussione la memoria e la storia), si caratterizza, spesso e volentieri per la superficialità progettuale, per l’annichilimento destrutturante della loro storia e tradizione. Continuo a notare, opportunamente, una grande ansia di richiamare esigenze di etica, di valore, magari rivisitando la storia. Temo però che grandi soluzioni con questo approccio non si troveranno. Soluzioni vere si produrranno solo se si ha il coraggio di essere noi stessi testimoni di verità. Difendere la verità, proporla con umiltà e convinzione e testimoniarla nella vita, come può farlo lo studente che la ricerca con la passione dello studioso. O, come può farlo anche il rappresentante istituzionale di una comunità (sia esso il Sindaco che l’assessore o il consigliere)costantemente in comunione e comunicazione con i propri cittadini. O, ancora,il Presidente di un associazione come quella dei Marinai d'Italia. La verità quindi va cercata, trovata ma a sua volta va compresa, avvalorata e praticata nella luce della verità. Accreditare la verità, mostrandone il potere di autenticazione e di persuasione nel concreto del vivere sociale, significa far “rivivere” la libertà responsabile delle persone. Cosa, questa, di non poco conto oggi, in un contesto sociale e culturale che relativizza la verità, diventando spesso di essa incurante e ad essa restio. A Jesolo, dopo un 4 novembre in sordina, la mia domanda rimane lì, inevasa: dov’è la testimonianza di Andrea Bafile? Dove sono i cittadini jesolani e le sue istituzioni?
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