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domenica 21 novembre 2010

CARITAS IN VERITATE : Riflessioni sull'ultima enciclica di Benedetto XVI

L’Enciclica “Caritas in veritate” non è solo un do­cumento che si limita a denunciare le cose che non vanno, ad in­dicare cioè i mali e i disagi di questa fase storica, ma, al con­trario, individua le cause specifiche e suggerisce le linee di intervento su cui muoversi per risolvere i problemi stessi. In questo senso è un’Enciclica proposi­tiva: contrariamente a chi la vuole intendere in modo di verso, questa Enciclica non è “di denuncia” e nep­pure un’Enciclica che fa riferimento ad op­zioni di natura morale. Si può dire, invece che intervenga nel campo specifico dell’economia. La se­conda grossa novità del documento è il linguaggio e le cate­gorie di pensiero. Per chi la voglia leggere attentamente, senza paraocchi, si può co­gliere anche una pro­spettiva al discorso economico-sociale:
il Papa compie un’operazione impor­tante che non potrà avere delle conse­guenze nel prossimo futuro. C’è , infatti, una presa di posi­zione, su importanti questioni economi­che. L’intenzione espli­cita del Papa è quella di svolgere una rifles­sione sulla cosiddetta “economia di mer­cato” alla luce dei principi della dottrina sociale della Chiesa, “più antichi della chiesa stessa”. E non è il solito discorso dal quale trarre la solita considerazione (frutto di confusione) per la quale un ad politico dichiaratamente cat­tolico (che  dovrebbe quindi ispirarsi alla dottrina sociale della Chiesa) si impongono come unici valori le­gittimi quelli econo­mico-materiali. Gli “ideali” possono at­tendere, ma non la realtà. Le necessità più impellenti sono di natura economica. Il problema sull’unico valore legittimo (quello economico-materiale) scompari­rebbe alla luce di con­siderazioni storiche: l’economia di mercato nasce prima del capi­talismo, e nasce esattamente per il bene comune. E l’idea del bene comune è uno dei principi della dottrina sociale della Chiesa che esiste da sempre. È evidente che se passa l’interpretazione per la quale l’economia di mercato si identifica con il capitalismo, ov­vero quello che gli imprenditori avreb­bero inventato,  allora è ovvio che ci sia una “levata di scudi”, una presa di posizione (anche politica) nella quale la Chiesa di­venta (come effetti­vamente è) univer­sale: non si deve quindi legare all’economia di mer­cato, in quanto cosa “diversa”. Il problema è un altro: riguarda il modo con cui si orga­nizza l’economia di mercato - e la Chiesa lo ha sempre chiarito - deve tener conto delle matrici economi­che, culturali e delle tradizioni del proprio Paese .Un cattolico sa perfettamente che la funzione propria dell’economia è ga­rantire il bene co­mune. Qualche altro cattolico “secolariz­zato” pensa al mer­cato come ad un mer­cato esclusivamente “capitalista”. Ma non è vero che ci debba es­sere solo un mercato di questo tipo”. Di qui il bisogno di coniugare la carità con la verità non solo nella dire­zione, segnata da san Paolo, della « veritas in caritate »(Ef 4,15) : la carità  va com­presa, avvalorata e praticata nella luce della verità. Senza verità, la carità scivola nel sentimentalismo. L'amore diventa un guscio vuoto, da ri­empire arbitraria­mente. È il fatale ri­schio dell'amore in una cultura senza ve­rità. La verità libera la carità dalle strettoie dell’arbitrio delle emozioni. Un Cristia­nesimo di carità senza verità può venire fa­cilmente scambiato per una riserva di buoni sentimenti, utili per la convivenza so­ciale, ma marginali. Senza la verità, la ca­rità viene relegata in un ambito ristretto e privato di relazioni. È esclusa dai progetti e dai processi di costru­zione di uno sviluppo umano di portata uni­versale, nel dialogo tra i saperi e le ope­ratività.La verità “tocca” ine­vitabilmente la giusti­zia. Ubi societas, ibi ius: ogni società ela­bora un proprio si­stema di giustizia. La carità va sempre oltre la giustizia perché è manifestamente il suo scopo, il suo obiettivo  (amare è donare, of­frire del “mio” all'al­tro). La carità  non è mai senza la giustizia:  non posso « donare » all'altro del mio, senza avergli dato in primo luogo ciò che gli com­pete secondo giusti­zia. Chi ama con ca­rità gli altri è anzitutto giusto verso di loro. Non solo la giustizia non è estranea alla carità, non solo non è una via alternativa o parallela alla carità: la giustizia è « insepara­bile dalla carità » in­trinseca ad essa. La giustizia è la prima via della carità. In una parola, Caritas in ve­ritate non è una pro­vocazione nei con­fronti della società. Al contrario. Ripropone  elementi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa dinanzi alle nuove “provoca­zioni” del mondo contemporaneo; si presenta come una proposta valida e per­seguibile . L'enciclica Caritas in veritate è quindi straordinaria per innovazione e progresso nel di­battito economico. Supera il dilemma tra mercato e Stato, can­cella le ideologie con­trarie allo sviluppo (comunismo ed ecolo­gismo) , ristabilisce la centralità della per­sona e della famiglia nel progresso delle nazioni . La Caritas in veritate, cancella tutte le ideologie anti-svi­luppo, spiegando in dettaglio che l'avan­zamento umano e in­tegrale è vocazione ed è parte del disegno di Dio. Lo sviluppo che inquina, la necessità della decrescita, è solo retorica. Il se­condo punto dell'enciclica sta nella spiegazione che le politiche anti-vita e le ideo­logie relativistiche che l'hanno accom­pagnate sono le cause principale della crisi. Politiche e ideologie che hanno prodotto un disastro sociale misurabile in almeno un miliardo di giovani in meno (le Nazioni Unite calco­lano che avvengono almeno 45 milioni di aborti legali ogni anno negli ultimi 25 anni). Questo significa una riduzione radicale di tutti i progetti di svi­luppo ed aumento conseguente dei costi, soprattutto per quanto riguarda le tasse, il sistema sa­nitario, del welfare e pensionistico. L'idea di supplire all'inverno demografico incre­mentando l'immigra­zione (decisivo il pas­saggio nel quale l’enciclica supera il concetto buonista della generica solida­rietà: troppo limitativo perché non impegna integralmente la co­munità umana e la Chiesa nel prendersi cura dell'altro. ) sta penalizzando i paesi in via di sviluppo e cre­ando notevoli pro­blemi di integrazione. L'enciclica ribadisce in maniera forte e chiara che non ci può essere sviluppo economico e sociale senza crescita demografica e soste­gno alla famiglia na­turale. In particolare, si spiega che tutto l'approccio allo svi­luppo deve ripartire da un concezione an­tropologica che metta la persona e la fami­glia al centro di ogni priorità. Un altro punto su cui l'enci­clica è innovativa riguarda la que­stione ambientale. Nessun documento del magistero aveva mai denunciato in maniera così esplicita l'ideologia verde che ha tentato di cancel­lare il Creatore e di ri­durre l'umanità ad un valore inferiore a quello di flora e fauna. Le parole utilizzate dalla Caritas in veri­tate sono chiarissime nel respingere l'am­bientalismo e nel promuovere l'ecologia umana. Stupisce ol­tremodo vedere che, nonostante i continui appelli al voto catto­lico, nel dibattito pro­grammatico del Par­tito Democratico, nes­suno - ma proprio nessuno - abbia fatto riferimento all'enci­clica sociale di Papa Benedetto XVI. Mi au­guro che l’On. Matteo Colaninno (ospite della tavola rotonda) apra un dibattito an­che nel centro-sini­stra.

Walter Luvisotto
Coordinatore
ALLE­ANZA DI CENTRO
 Jesolo-Cavallino Treporti

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